venerdì 23 luglio 2021

TERZO GIORNO DI GRUSHENKA



 TERZO GIORNO DI GRUSHENKA

Vedi, l'ho appena ingannato, gli ho fatto promettere che mi avrebbe creduta e io invece gli ho mentito. Gli ho detto che sarei rimasta da Kuz'ma Kuz'miè, dal mio vecchio, per tutta la sera e che mi sarei trattenuta sino a notte fonda a contare il denaro. Ogni settimana vado da lui per una serata intera a tenergli i conti. Ci chiudiamo a chiave: lui batte sul pallottoliere e io lì seduta ad annotare i registri, si fida soltanto di me. Mitja ha creduto che sarei rimasta lì, e invece io mi sono chiusa in casa; me ne sto qui ad aspettare una certa notizia.

 Alëša, oggi tuo fratello Mitja mi fa paura», disse Grušen'ka a voce alta, sebbene fosse in allarme; ma sembrava pure presa da una certa esultanza. «Perché hai tanta paura di Miten'ka oggi?», si informò Rakitin. «Sembrava che non fossi affatto impaurita con lui, lo comandi a bacchetta». 
 «Ti ho detto che aspetto una certa notizia, una piccola notizia tutta d'oro e l'ultima cosa che voglio è avere Miten'ka fra i piedi adesso. E non ci ha nemmeno creduto che sarei andata da Kuz'ma Kuz'miè, me lo sento. Quindi starà sicuramente nel suo nascondiglio, sul retro della casa di Fëdor Pavloviè nel giardino, a fare la guardia che io non arrivi. E se starà lì, non verrà qui, tanto meglio! Ma io ho davvero fatto un salto da Kuz'ma Kuz'miè, mi ci ha accompagnato Mitja stesso, gli ho detto che mi sarei trattenuta sino a mezzanotte e gli ho chiesto che venisse assolutamente a prendermi per riportarmi a casa a mezzanotte in punto. Se n'è andato, e io mi sono trattenuta una decina di minuti dal vecchio e poi sono subito tornata qui, avevo paura, ho fatto una corsa nel timore di incontrarlo»


 «Il suo starec è morto oggi, lo starec Zosima, il santo». «Padre Zosima è morto! Ma è vero?», gridò Grušen'ka. «Dio mio! E io che non lo sapevo!». E si fece devotamente il segno di croce. «Dio mio! E io che cosa sto facendo, gli sto seduta sulle ginocchia!», gridò ad un tratto come spaventata, poi scivolò in tutta fretta dalle sue ginocchia e si sedette sul divano. Alëša la guardò a lungo stupito e sembrò che il suo viso cominciasse a raggiare
Ma ecco che adesso è arrivato il mio oltraggiatore e io me ne sto seduta ad aspettare sue notizie. E sai in che modo mi ha oltraggiato quell'uomo? Cinque anni fa, quando Kuz'ma mi portò qui, io me ne stavo rintanata in casa, mi nascondevo alla vista degli altri perché non mi vedessero e non mi sentissero, ero magrolina e stupida, me ne stavo qui a singhiozzare, non chiudevo occhio per notti intere e pensavo: "Dove sarà mai in questo momento il mio oltraggiatore? Forse sta ridendo di me con un'altra, se solo lo potessi vedere, se solo lo potessi incontrare un giorno: gliela farei pagare per quello che mi ha fatto, gliela farei pagare!" Di notte, al buio, singhiozzavo nel cuscino e rimuginavo su questo, mi laceravo il cuore a bella posta e lo saziavo con la mia rabbia: "Gliela farò pagare, gliela farò pagare!" Così gridavo al buio. Ma quando mi sovveniva di colpo che non gli avrei potuto fare un bel niente, e che lui in quel momento forse se la rideva di me, o forse si era completamente dimenticato di me e non mi ricordava affatto, allora dal letto mi gettavo sul pavimento, mi scioglievo in lacrime di impotenza e giacevo lì tremante sino all'alba. La mattina mi alzavo più arrabbiata di una cagna, pronta a sbranare il mondo intero. E poi, sai cosa mi misi a fare? Cominciai ad accumulare un capitale, diventai spietata, mi rimpinguai, ma tu credi che mi sia fatta più saggia nel frattempo, eh? Neanche per sogno: nessuno lo vede, nessuno in tutto l'universo lo sa, ma quando si fa notte, alcune volte me ne sto sdraiata esattamente come quando ero una ragazzina, come cinque anni fa, digrigno i denti e piango tutta la notte: "Gliela farò pagare, gliela farò pagare!", penso. Hai ascoltato tutto quello che ti ho detto? Ecco, adesso mi puoi capire, un mese fa mi arriva all'improvviso una lettera: è lui, sta venendo, è rimasto vedovo, vuole vedermi. Mi sentii mancare il respiro, Santo Iddio, e all'improvviso pensai: "Lui arriva, mi fa un fischio e io gli corro incontro come un cagnolino bastonato, colpevole!" Penso questo e non credo a me stessa: "Ma sono proprio così vigliacca o no? Correrò da lui oppure no?" E sono stata in preda a quella stessa rabbia contro me stessa per tutto il mese, una rabbia ancora peggiore di cinque anni fa. Adesso vedi, Alëša, quanto sono violenta e vendicativa, ti ho detto proprio tutta la verità! Mi sono divertita con Mitja per non correre da quell'altro. Sta zitto, Rakitka, non tocca a te giudicarmi, non stavo parlando con te. Prima del vostro arrivo me ne stavo sdraiata qui, aspettavo, pensavo, decidevo il mio destino e voi non saprete mai che cosa provavo nel mio cuore. No, Alëša, di' alla tua signorina che non se la prenda per quello che è avvenuto tre giorni fa!... E nessuno al mondo saprà come mi sento in questo momento e non potrà mai saperlo... Perché forse prenderò con me un coltello, non mi sono ancora decisa...

«Non ridere, Rakitin, non ti burlare di lui, non parlare del defunto: egli è superiore a tutti nel mondo!», gridò Alëša con la voce rotta dal pianto. «Non ti ho parlato come un giudice, ma come l'ultimo degli imputati. Chi sono io davanti a lei? Ero venuto qui per rovinarmi e mi dicevo: 'Sia quel che sia, che importa?', e questo per la mia pusillanimità, mentre lei, dopo cinque anni di tormenti, non appena il primo arrivato le dice una parola sincera, ha perdonato tutto, ha dimenticato tutto e piange! Il suo oltraggiatore è tornato, la chiama e lei gli perdona tutto e corre da lui felice e non prenderà il coltello, non lo prenderà! No, io non sono come lei! Non so come sia tu, Miša, ma io non sono come lei! Oggi, adesso ho imparato la lezione... Ella è superiore a noi per capacità di amare... Hai mai sentito prima quello che ha appena raccontato? No, non l'hai sentito; se l'avessi sentito, avresti capito tutto da un pezzo... e anche la persona che lei ha insultato due giorni fa la perdonerà! La perdonerà se verrà a sapere... e lo verrà a sapere... Quest'anima non è ancora in pace con se stessa, occorre essere indulgenti con essa... in quest'anima si può celare un tesoro...

«Ci andrò!», esclamò all'improvviso. «Cinque dei miei anni! Addio! Addio, Alëša, il mio destino è deciso... Andate, andate, andatevene via tutti, che non vi veda mai più! Grušen'ka ha preso il volo verso una nuova vita... Non ricordarmi con rancore nemmeno tu, Rakitka. Forse sto andando incontro alla morte! Uh! È come se fossi ubriaca!» Ella li abbandonò in men che non si dica e corse in camera da letto. «Be', adesso non ha più tempo di pensare a noi!», grugnì Rakitin. «Andiamo, altrimenti ci toccherà sentire ancora tutte quelle urla femminee, mi hanno seccato tutti questi strilli lacrimevoli». Alëša, macchinalmente, si lasciò portare via. Nel cortile sostava una carrozza, avevano staccato i cavalli, andavano avanti e indietro con una lanterna, si davano un gran da fare. Introdussero i tre cavalli freschi attraverso il portone spalancato. Alëša e Rakitin erano appena scesi dal terrazzino d'ingresso, quando si spalancò la finestra della camera da letto di Grušen'ka e quella, con voce squillante, gridò dietro ad Alëša: «Alëšeèka, porta i miei saluti al tuo caro fratello Miten'ka e digli di non serbare rancore per me, anche se gli ho fatto del male. E riferiscigli pure queste mie parole: "A Grušen'ka è toccato un mascalzone, non un gentiluomo come te". E digli pure che Grušen'ka lo ha amato per un'oretta, solo per un'oretta, ma lo ha amato - che ricordi quindi quell'oretta per tutta la vita a partire da oggi, digli che è Grušen'ka che lo ordina, per tutta la vita».

«Che, mi "disprezzi" per i venticinque rubli di poco fa? Dirai tu: ha venduto un amico sincero. Ma tu non sei Cristo e io non sono Giuda». «Ah, Rakitin te lo assicuro, me n'ero persino dimenticato!», esclamò Alëša. «Sei stato tu a ricordarmelo adesso...» Ma ormai Rakitin aveva perso completamente le staffe. «Ma che il diavolo vi pigli tutti, uno per uno!», strillò inaspettatamente. «E perché diavolo mi sono attaccato a uno come te! D'ora in poi non ti conosco più. Vattene per conto tuo, la strada è tutta tua!» Ed egli svoltò bruscamente in un'altra strada lasciando Alëša da solo nell'oscurità.