mercoledì 21 luglio 2021

LETTERE: IL POLACCO SCRIVE A GRUSHENKA






 «Signora, cara, signora, la staffetta è arrivata al galoppo!», gridò trafelata e contenta. «Una carrozza da Mokroe per voi. Il vetturino Timofej con la trojka, adesso stanno attaccando i cavalli freschi... 

La lettera, la lettera, signora, ecco la lettera!» Aveva la lettera in mano; l'aveva agitata per aria per tutto il tempo mentre parlava. Grušen'ka le strappò la lettera di mano e la portò vicino alla candela

Era solo un bigliettino, alcune righe, la lesse tutta in un batter d'occhio. 

 «Mi manda a chiamare!», gridò, pallidissima, e con il viso contratto da un sorriso sofferente. 

«Ha fatto un fischio! Corri qui, cagnolino!» Ma indugiò titubante solo per un attimo, poi, all'improvviso, il sangue le montò alla testa e le infiammò le guance. 

 «Ci andrò!», esclamò all'improvviso. 

«Cinque dei miei anni! Addio! Addio, Alëša, il mio destino è deciso... Andate, andate, andatevene via tutti, che non vi veda mai più! Grušen'ka ha preso il volo verso una nuova vita... Non ricordarmi con rancore nemmeno tu, Rakitka. Forse sto andando incontro alla morte! Uh! È come se fossi ubriaca!» Ella li abbandonò in men che non si dica e corse in camera da letto.


«Be', adesso non ha più tempo di pensare a noi!», grugnì Rakitin. «Andiamo, altrimenti ci toccherà sentire ancora tutte quelle urla femminee, mi hanno seccato tutti questi strilli lacrimevoli». 

 Alëša, macchinalmente, si lasciò portare via.

Nel cortile sostava una carrozza, avevano staccato i cavalli, andavano avanti e indietro con una lanterna, si davano un gran da fare. Introdussero i tre cavalli freschi attraverso il portone spalancato. 

Alëša e Rakitin erano appena scesi dal terrazzino d'ingresso, quando si spalancò la finestra della camera da letto di Grušen'ka e quella, con voce squillante, gridò dietro ad Alëša: 

 «Alëšeèka, porta i miei saluti al tuo caro fratello Miten'ka e digli di non serbare rancore per me, anche se gli ho fatto del male. E riferiscigli pure queste mie parole: "A Grušen'ka è toccato un mascalzone, non un gentiluomo come te". E digli pure che Grušen'ka lo ha amato per un'oretta, solo per un'oretta, ma lo ha amato - che ricordi quindi quell'oretta per tutta la vita a partire da oggi, digli che è Grušen'ka che lo ordina, per tutta la vita». 

 Ella concluse con la voce rotta dai singhiozzi. La finestra si chiuse di colpo. 

 «Hmm... hmm!», borbottò Rakitin ridendo. «Prima rovina tuo fratello Dmitrij e poi gli ordina di ricordarla per tutta la vita. Questa è ingordigia carnivora!»


LIBRO OTTAVO

Quanto a lui, la questione che gli dava il tormento si riassumeva tutta nell'alternativa: "O lui, Mitja, o Fëdor Pavloviè".

 Invece, al prossimo ritorno dell'"ufficiale", di quell'uomo così fatale nella vita di Grušen'ka, e il cui arrivo ella attendeva con tanta trepidazione e paura, strano a dirsi, egli non aveva pensato minimamente in quei giorni. 

Vero sì è che Grušen'ka non aveva fatto parola su quell'argomento in quegli ultimi giorni. Eppure egli era stato messo perfettamente al corrente da lei stessa della lettera ricevuta un mese prima dal suo ex seduttore; ne conosceva in parte anche il contenuto. 

In un momento di perfidia, Grušen'ka gli aveva mostrato quella lettera, ma, con meraviglia di lei, egli non le aveva dato alcun peso. E sarebbe stato molto difficile spiegare questa sua reazione: forse, essa era dovuta al fatto che, prostrato dall'infamia e dall'orrore della propria lotta con il padre a causa di quella donna, egli non poteva immaginare nulla di più terribile e pericoloso, almeno per il momento. A quel fidanzato, saltato fuori dal nulla dopo un'assenza di cinque anni, egli semplicemente non dava credito, soprattutto al fatto che sarebbe tornato presto. 

Inoltre, in quella prima lettera dell'"ufficiale" mostrata a Miten'ka, si parlava in termini molto vaghi dell'arrivo di questo nuovo rivale: la lettera era molto oscura, molto ampollosa e traboccante di sentimentalismo. È comunque degno di nota che Grušen'ka quella volta gli avesse nascosto le ultime righe della lettera, nelle quali si diceva qualcosa di più preciso sul suo ritorno. Miten'ka ebbe modo di ricordare in seguito che in quel momento aveva colto nel viso di Grušen'ka, addirittura, una sfumatura di involontario e altero disprezzo verso quella missiva giunta dalla Siberia. Grušen'ka, poi, non aveva più informato Miten'ka degli ulteriori contatti intercorsi tra lei e il nuovo rivale. In tal modo, egli aveva finito a poco a poco con il dimenticarsi dell'ufficiale