giovedì 22 luglio 2021

TERZO GIORNO DI ALEKSEJ

 




TERZO GIORNO DI ALEKSEJ

MORTE STAREC libro VI
La notizia della sua morte fece immediatamente il giro dell'eremo e raggiunse il monastero. Gli amici più intimi del defunto, e coloro ai quali spettava per la loro posizione gerarchica, presero a comporre il corpo secondo il vecchio rituale, mentre i monaci tutti si riunivano nella chiesa madre. Ancora prima dell'alba, come si raccontava in seguito, la notizia del decesso era giunta in città. Al mattino quasi tutta la città commentava l'avvenimento e una moltitudine di cittadini affluiva al monastero. Ma di questo parleremo nel libro successivo; per ora aggiungeremo soltanto che non era passato un giorno, quando si verificò qualcosa di così inatteso per tutti e, per l'impressione che produsse nell'ambiente del monastero e in città, di così strano, allarmante e sconvolgente che a tutt'oggi, dopo tanti anni, nella nostra città si conserva il più vivo ricordo di quel giorno, per molti così inquietante... 

INCONTRA PADRE PAISIJ

---  tra la folla che si assiepava poco prima presso l'entrata della cella, aveva scorto di sfuggita, in mezzo agli altri, anche Alëša, e in quel momento gli sovvenne che, guardandolo, aveva subito avvertito una specie di dolorosa stretta al cuore. "È mai possibile che quel ragazzo abbia assunto una tale importanza adesso nel mio cuore?", si domandò stupito. In quel momento Alëša stava per l'appunto passando accanto a lui, sembrava che si recasse in tutta fretta da qualche parte, ma in direzione opposta alla chiesa. I loro sguardi si incrociarono. Alësa distolse immediatamente lo sguardo e abbassò gli occhi; bastò una sola occhiata a quel ragazzo perché padre Paisij intuisse quale profonda trasformazione fosse in atto in lui in quel momento. «Sei caduto pure tu in tentazione?», esclamò ad un tratto padre Paisij. «Non sarai anche tu con quelli di poca fede?», soggiunse con aria afflitta. Alëša si fermò e gettò uno sguardo vago su padre Paisij, ma poi distolse nuovamente gli occhi e nuovamente li abbassò. Se ne stava di fianco senza rivolgere il viso al suo interlocutore. Padre Paisij lo osservava attentamente. «Dove vai così di fretta? Le campane chiamano alla funzione», gli domandò ancora, ma Alëša non rispose neanche questa volta. «Ah, stai lasciando l'eremo? Ma vai via senza salutare, senza benedizione?» Alëša, tutto a un tratto, sorrise forzatamente e lanciò un'occhiata strana, molto strana al padre che lo interrogava, e al quale lo aveva affidato la sua antica guida spirituale, il dominatore del suo cuore e della sua mente, il suo amato starec e all'improvviso, senza dire una parola come prima, agitò la mano, come incurante ormai di portare rispetto, e proseguì a passi rapidi verso l'uscita dell'eremo. «Tornerai!», sussurrò padre Paisij, seguendolo con lo sguardo triste e stupito.
IL MOMENTO BUONO
TURBAMENTO
Eppure il turbamento c'era, si era verificato ed era tanto tormentoso, che anche in seguito, persino molti anni dopo, Alëša considerava quel triste giorno come uno dei più penosi e fatali di tutta la sua vita. Se si ponesse direttamente la domanda: "Ma tutta quell'angoscia e quell'inquietudine potevano essere causate solo dal fatto che il corpo dello starec, invece di sprigionare un immediato potere risanatore, aveva al contrario manifestato prematuri segni di decomposizione?", io risponderò, senza tanto tergiversare: "Sì, era proprio così". Chiederei semplicemente al lettore di non ridere troppo in fretta dell'ingenuo cuore del mio giovane protagonista. Tuttavia non ho affatto intenzione di chiedere scusa al posto suo, né di scusare e giustificare l'ingenuità della sua fede con argomenti quali la sua giovane età o gli scarsi progressi da lui compiuti negli studi, o altre cose del genere; farò esattamente il contrario e dichiarerò fermamente che nutro la stima più sincera per la natura del suo cuore.

INCONTRA RAKITIN

 Aveva cominciato ad imbrunire quando Rakitin, attraversando il boschetto di pini che si allungava tra l'eremo e il monastero, notò tutt'a un tratto Alëša che giaceva prono sotto un albero, immobile, come addormentato. Gli si avvicinò e lo chiamò. «Sei qui, Aleksej? Come hai...?», fece per dire meravigliato, ma si fermò senza finire la frase. Avrebbe voluto dire: "Come hai fatto a ridurti così?". Alëša non rivolse lo sguardo verso di lui, ma da un suo movimento Rakitin intuì subito che Alëša lo sentiva e capiva. «Ma che hai?», continuava meravigliato, ma il suo stupore si andava mano a mano trasformando in un sorriso che assumeva una piega sempre più ironica. «Ascolta, sono più di due ore che ti cerco. All'improvviso sei scomparso da lì. Ma che stai facendo? Che stupidaggini da bigotti sono mai queste? Potresti almeno guardarmi...» Alëša sollevò il capo e si sedette, poggiando la schiena contro il tronco dell'albero.
...

«Hai bisogno di mangiare qualcosa a giudicare dalla faccia che hai. Fa pena guardarti. E non hai nemmeno dormito stanotte, ho sentito che c'è stata una riunione lì da voi. E poi tutto quel trambusto, quel pasticcio... Forse tutto quello che avrai mandato giù è un pezzo di pane santo. Ho del salame in tasca, l'ho preso poco fa in città per ogni evenienza, mentre venivo qui, ma tu il salame non...» «Dammi il salame». «Bene! Ecco a che punto sei arrivato. Vuol dire che è una ribellione in piena regola, con tanto di barricate! Be', fratello, non è cosa da prendere alla leggera. Fai un salto da me... Tracannerei volentieri un bicchierino di vodka anch'io, sono stanco morto. La vodka è ancora troppo per te forse... o ne vorresti un po'?» «Vada anche per la vodka». «Accidenti! Mi sorprendi, fratello!», Rakitin lo guardò con tanto d'occhi. «Comunque, in un modo o nell'altro, vodka o salame, questa è una bella occasione, audace, da non perdere, andiamo!» Alëša si alzò da terra in silenzio e si mise a seguire

DA GRUSHENKA

 Rakitin«Andiamo da Grušen'ka, eh? Che ne dici?», si decise a dire Rakitin, tutto tremante per la timorosa attesa. «Andiamo da Grušen'ka», rispose senza indugio Alëša pacatamente, e quel repentino, pacato consenso fu così inatteso per Rakitin che a momenti fece un balzo indietro. «Be-bene!... Ecco!», gridò sbalordito, ma poi afferrando con forza Alëša per un braccio, lo condusse rapidamente per il sentierino, nel terribile timore che l'altro cambiasse idea. Camminavano in silenzio, Rakitin aveva persino paura di riattaccare discorso

Quando Rakitin e Alëša entrarono in casa sua, il crepuscolo era già avanzato, ma le camere non erano ancora illuminate.

TERZO GIORNO DI GRUSHENKA, RAKITIN  ALIOSHA 

Tutto il suo comportamento sembrava radicalmente cambiato in meglio rispetto al giorno prima: della mellifluità nella sua voce, di quei gesti voluttuosi e manierati del giorno prima non era rimasta quasi traccia... era tutto semplice, ingenuo, i suoi movimenti erano rapidi, diretti, fiduciosi; eppure era molto eccitata. «Signore mio, quante cose si accavallano insieme oggi, davvero!», riprese a cicalare. «Perché sono così contenta di vederti, Alëša, non lo so nemmeno io. Se tu me lo domandassi, non ti saprei rispondere».

«viene l'ufficiale, Rakitin, il mio ufficiale!» «Avevo sentito che sarebbe venuto, ma non pensavo fosse così vicino». «Adesso è a Mokroe, da lì manderà una staffetta, così mi ha scritto lui stesso, ho ricevuto una lettera oggi stesso e ora sto aspettando la staffetta». «Ma no? E come mai a Mokroe?» «È una lunga storia, e poi ti ho già raccontato abbastanza».