mercoledì 21 luglio 2021

LETTERE: IL MIRACOLO

LETTERA DELLA CHOCHLAKOVA: IL MIRACOLO

 LIBRO QUARTO • LACERAZIONI I • Padre Ferapont




Alëša si era allontanato dalla cella solo perché era stato chiamato in segreto da Rakitin, il quale era tornato dalla città con una strana lettera indirizzata ad Alëša da parte della signora Chochlakova. La missiva informava Alëša di una circostanza molto strana e che giungeva incredibilmente a proposito. Si trattava di questo: il giorno prima, fra le fedeli del popolo convenute per venerare lo starec e riceverne la benedizione, c'era stata quell'anziana donna che veniva dalla città, la Prochorovna, la vedova del sottufficiale. Aveva chiesto allo starec il permesso di commemorare suo figlio Vasen'ka con una messa funebre, come se fosse morto; il figlio era andato lontano per motivi di servizio, in Siberia, ad Irkutsk, ed era più di un anno che ella non riceveva notizie. Quindi lo starec le aveva risposto con severità, vietandole di fare una commemorazione che riteneva simile a un maleficio. Ma, poi, l'aveva perdonata per la sua ignoranza e aveva aggiunto una frase consolatoria, "come se avesse letto nel libro del futuro" (così si esprimeva la signora Chochlakova nella sua lettera): "Suo figlio Vasja era sicuramente vivo, sarebbe tornato di persona al più presto, oppure le avrebbe spedito una lettera, che lei nel frattempo tornasse a casa e aspettasse. E ci credereste?", aggiungeva eccitata la signora Chochlakova, "la profezia dello starec si è avverata per filo e per segno, e c'è dell'altro". L'anziana signora era appena tornata a casa quando le fu consegnata la lettera che aspettava dalla Siberia. E non solo: in quella lettera, scritta in viaggio, da Ekaterinburg, Vasja informava sua madre che stava tornando in Russia in compagnia di un impiegato e che, tre settimane dopo l'arrivo di quella lettera, "sperava di poter riabbracciare la madre". La signora Chochlakova pregava insistentemente e caldamente Alëša di informare il padre igumeno e tutta la comunità di questo nuovo "miracolo di predizione" che si era compiuto: "Devono saperlo tutti, tutti!", esclamava a conclusione della sua lettera. La lettera era stata scritta in fretta e furia, di corsa, l'agitazione della scrivente si rifletteva in ogni riga. Ma Alëša non dovette comunicare nulla alla comunità, tutti erano già al corrente di tutto: Rakitin aveva incaricato lo stesso monaco che aveva mandato da Alëša di "riferire con profonda deferenza al reverendo padre Paisij che lui, Rakitin, aveva una certa notizia, una notizia di importanza tale che non avrebbe osato esitare nemmeno un minuto per comunicargliela e chiedeva umilmente perdono per la sua presunzione." Poiché il monaco aveva riferito a padre Paisij la richiesta di Rakitin prima di andare da Alëša, a quest'ultimo, dopo aver letto la lettera, non rimase altro che consegnarla a padre Paisij a titolo di documento. Ed ecco che persino quest'uomo austero e diffidente, dopo aver letto con aria accigliata la notizia del "miracolo", non riuscì a trattenere del tutto una certa emozione. Gli occhi gli scintillarono, sulle labbra gli affiorò ad un tratto un sorriso grave e solenne. «Vedremo grandi cose, forse», gli sfuggì improvvisamente.