domenica 4 luglio 2021

SERENATA

SMERDIAKOV E Mar'ja Kondrat'evna

 




Qualcuno si trovava, oppure si era appena seduto, a non più di una ventina di passi da lui, da qualche parte, fra i cespugli. Ad Alëša sovvenne ad un tratto che il giorno prima, mentre si allontanava dal chiosco, dove aveva lasciato il fratello, aveva intravisto, o gli era balenata davanti agli occhi per un attimo, una vecchia, bassa panchina verde da giardino, sulla sinistra presso lo steccato, fra i cespugli. Evidentemente gli ospiti si erano seduti lì.

Ma chi erano? 

Una voce maschile intonò all'improvviso un melenso ritornello in falsetto, con l'accompagnamento di una chitarra: Una forza invincibile mi lega alla mia bella Dio abbi pietà di lei e di me! Di lei e di me! Di lei e di me! La voce si interruppe. Era una voce tenorile da lacchè, e pure le infiorettature della canzone erano da lacchè. Un'altra voce, di donna, in tono carezzevole e timido, seppure spiccatamente affettato, disse: 

 «È da un pezzo che non venite a trovarci, Pavel Fëdoroviè, perché siete così sprezzante con noi?» 

 «Nient'affatto, signora», rispose la voce maschile con gentilezza, ma con una dignità tenace e ferma. Evidentemente, tra i due, era l'uomo che predominava mentre la donna civettava. 

"L'uomo deve essere Smerdjakov", pensò Alëša, "almeno così sembrerebbe dalla voce, mentre la signora è probabilmente la figlia della padrona di qui, quella che è venuta da Mosca, che porta il vestito con lo strascico e va a chiedere la minestra a Marfa Ignat'evna..." 

 «Mi piacciono da morire i versi, di qualunque genere, purché siano ben composti», proseguì la voce femminile. «Perché non cantate ancora?» 

 La voce intonò nuovamente: 

 Che importa la corona reale se la mia bella sta male? 
 Dio abbia pietà di lei e di me! Di lei e di me! Di lei e di me! 

 «La volta scorsa vi è riuscita ancora meglio», osservò la voce femminile. «A proposito della corona dicevate: "se il mio amore sta male". Era più dolce, forse oggi ve ne siete scordato».

 «La poesia è una gran stupidaggine, signora». 

 «No, affatto, io vado pazza per la poesia». 

 «Se si tratta di poesia, è sempre una gran stupidaggine, signora. Giudicate da voi: chi parla in rima nella realtà? E se cominciassimo tutti a parlare in rima, seppure per ordine del governo, non ci diremmo poi molto, non è vero? La poesia non è una buona cosa, Mar'ja Kondrat'evna». 

 «Come siete intelligente! Come avete fatto a pensare tutto questo?» e la voce femminile si faceva sempre più carezzevole. 

 «Avrei potuto fare anche di meglio, avrei potuto sapere molto di più, se non fosse stato per il destino che ho avuto sin dall'infanzia, signora. Avrei sparato in duello a chi avesse osato dirmi che sono un poco di buono, perché discendo dalla Smerdjascaja e non ho padre. Me lo hanno rinfacciato anche a Mosca; la notizia era giunta da qui grazie a Grigorij Vasil'eviè, signora. Grigorij Vasil'eviè mi rimprovera di ribellarmi contro le mie origini: "tu le hai squartato le viscere". Ammettiamo pure che l'abbia fatto, ma avrei permesso che mi uccidessero nel suo grembo piuttosto che venire al mondo. Al mercato andavano dicendo, anche la vostra mamma me lo ha riferito con la sua grande delicatezza, che andava in giro con la plica in testa ed era un "esseri-i-ino di un metro e mezzo". Perché dice esser-i-ino quando tutti dicono "esserino"? Forse voleva parlare in modo lacrimevole, ma con lacrimucce contadinesche, diciamo così, come contadineschi sono i suoi sentimenti. Si può dire che il contadino russo abbia dei sentimenti se lo confrontiamo con un uomo istruito? A causa della sua ignoranza non ci può essere sentimento alcuno. Sin da piccolo, quando sento l'espressione esserino, mi verrebbe voglia di sbattere la testa contro il muro. Odio la Russia intera, Mar'ja Kondrat'evna». 

 «Se foste stato cadetto dell'esercito o ussaro, non avreste parlato in questo modo, ma avreste sguainato la sciabola per difendere la Russia intera». 

 «Non solo non vorrei essere un ussaro, Mar'ja Kondrat'evna, ma al contrario vorrei la distruzione di tutti i soldati, vossignoria». 

 «E quando arriva il nemico chi ci difenderà?» 

 «Non ce n'è alcun bisogno. Nel '12 ci fu la grande invasione dell'imperatore francese Napoleone I, il padre di quello di adesso, e sarebbe stato un bene se ci avesse conquistati: una nazione intelligente ne avrebbe conquistato una stupida e l'avrebbe annessa a sé, signora. Avremmo avuto istituzioni completamente diverse, signora». 

 «Ma lì nel loro paese sono davvero poi tanto meglio che da noi? Non darei mai un certo elegantone di mia conoscenza in cambio di tre giovani inglesi», osservò teneramente Mar'ja Kondrat'evna, probabilmente accompagnando le sue parole con il più languido degli sguardi. 

 «Questione di gusti, vossignoria».

 «Ma voi siete come uno straniero, come un vero gentiluomo straniero, ecco che cosa vi dico, anche se mi vergogno un po'». 

 «Se ci tenete a saperlo, quanto a vizi sia quelli lì che la gente delle nostre parti sono tutti uguali. Sono tutti farabutti, solo che quelli lì vanno in giro con gli stivali verniciati, mentre i farabutti nostrani sono poveri e puzzolenti e non ci trovano niente di male. Il popolo russo va fustigato, ha detto giustamente ieri Fëdor Pavloviè, anche se lui e i suoi figli sono completamente matti, signora». 

 «Ma se voi stesso avete detto che stimate tanto Ivan Fëdoroviè». 

 «E invece lui di me va dicendo che sono un fetente lacchè. Pensa che potrei ribellarmi, ma qui si sbaglia, signora. Se avessi avuto in tasca una certa somma, me ne sarei andato da un pezzo. Dmitrij Fëdoroviè è peggiore di qualunque lacchè sia per comportamento sia per intelligenza, e anche perché è completamente al verde, e non sa fare niente, eppure è rispettato da tutti. Io sono solo un cucinabrodaglie, ma all'occasione buona potrei aprire un café-restaurant a Mosca sulla Petrovka. Perché la mia è una cucina speciale e nessun cuoco a Mosca, se si eccettuano gli stranieri, è in grado di preparare piatti speciali. Dmitrij Fëdoroviè è un pezzente, ma se dovesse sfidare a duello il figlio del primo conte del paese, quello accetterebbe di sicuro la sfida, ma in che cosa lui è migliore di me, signora? Anzi, lui è pure più stupido di me. Pensate soltanto ai soldi che ha sperperato senza alcun motivo, vossignoria». 

 «I duelli, sono una cosa meravigliosa, penso», osservò all'improvviso Mar'ja Kondrat'evna. 

 «Varrebbe a dire, signora?» 

 «È una cosa terribile, ci vuole un gran coraggio soprattutto se sono giovani ufficiali con la pistola in mano a spararsi per amore di qualche donna. Mi immagino la scena. Ah, se solo permettessero alle ragazze di assistere, darei qualunque cosa per vederli». 

 «Va bene se sei tu che spari a qualcuno, ma quando è quell'altro a spararti sul grugno, c'è da sentirsi proprio stupidi, signora! Sicuramente scappereste, Mar'ja Kondrat'evna». 

 «Perché, voi forse scappereste?» 

 Ma Smerdjakov non si degnò di rispondere. Dopo un minuto di silenzio si udì nuovamente l'accordo di chitarra e la voce riprese l'ultima strofa nello stesso falsetto di prima. 

 Checché tu ne dica adesso Io partirò lo stesso 
 Lieta la vita sarà 
 Vivere è bello in città, 
 Rimpianti non avrò 
 Rimpianti non avrò son sicuro che rimpianti non avrò