mercoledì 7 settembre 2016

IL PRIMO FIGLIO: DMITRIJ


4. MITJA, IL PRIMO FIGLO:
UN BAMBINO INDESIDERATO

Naturalmente è facile figurarsi quale educatore e padre potesse essere
un uomo del genere. (Fiodor Karamazov)
Il suo comportamento di padre fu esattamente quello che ci si poteva aspettare: si disinteressò nella maniera più assoluta del
bambino avuto da Adelaida Ivanovna, non per cattiveria nei confronti del
bambino né in ragione di qualche risentimento coniugale, ma
semplicemente perché lo aveva del tutto dimenticato.
Nel frattempo
importunava tutti con lacrime e piagnistei e trasformò la sua casa in un
antro di depravazione; il fedele servo di quella casa, Grigorij, prese il
piccolo Mitja, di soli tre anni, sotto la propria tutela e se non ci fosse stato
lui a prendersi cura del piccolo probabilmente nessuno gli avrebbe mai
cambiato la camicina.
...per un anno intero a Mitja toccò vivere dal servo Grigorij e abitare nell'izba della servitù.




Illustrazione: Valentin Serov, Ritratto di Mika Morosov, 1901




DMITRIJ KARAMAZOV, MITJA

... fu l'unico dei tre figli di
Fëdor Pavloviè a crescere nella convinzione di possedere ancora un certo
patrimonio 

e che quando avrebbe raggiunto la maggiore età, sarebbe stato
indipendente.

Condusse un'adolescenza e una giovinezza da scapestrato:
non terminò il ginnasio, si iscrisse a una scuola militare, andò a finire in
Caucaso, prestò servizio, si batté a duello, fu degradato, tornò a prestar
servizio, gozzovigliò parecchio e scialacquò una somma relativamente
consistente. Cominciò a ricevere denaro da Fëdor Pavloviè solo dopo aver
raggiunto la maggiore età e fino a quel momento contrasse debiti.

Conobbe
e incontrò Fëdor Pavloviè, suo padre, per la prima volta, quand'era già
maggiorenne, quando venne dalle nostre parti apposta per chiarire con lui
la questione dei suoi beni.

Pare che in quella occasione il genitore non gli
piacque affatto; si trattenne per poco tempo e partì in fretta e furia dopo
essere riuscito a spillargli una sommetta e aver raggiunto un certo accordo
riguardo all'ulteriore riscossione dei proventi della tenuta, della quale (fatto
degno di nota) quella volta non riuscì a sapere da Fëdor Pavloviè né il
reddito né il valore.

Libro Primo, cap. II Si difa del primo figlio


Dal Libro II, "Una riunione sbagliata"


                        Il'ja Efimovič Repin, Ritratto dello scrittore Leonid Nikolaevič Andreev, 1905.




Dmitrij Fëdoroviè, un giovanotto di ventotto anni,
di media statura e
dal viso gradevole,
sembrava tuttavia molto più vecchio della sua età.
Era muscoloso e si poteva intuire che fosse dotato di una notevole forza fisica,
eppure il suo viso aveva un'espressione poco sana.
Era piuttosto magro, le
guance erano incavate e nel loro colorito c'era una sfumatura giallastra.
 I suoi occhi scuri, abbastanza grandi e sporgenti,
avevano uno sguardo di
ferma determinazione,
eppure in essi c'era qualcosa di vago.
Persino
quando era agitato e parlava con irritazione, il suo sguardo sembrava non
ubbidire al suo stato d'animo, ma tradiva un qualcos'altro, talvolta persino
in contrasto con la situazione.
"È difficile capire a che cosa stia pensando",
dicevano a volte quelli che parlavano con lui.
Altri, che avevano colto nei
suoi occhi un'espressione pensierosa e tetra,
erano poi colpiti dalla sua
inattesa risata,
che testimoniava i pensieri allegri e giocondi che
occupavano la sua mente proprio nel momento in cui aveva un'aria così
cupa.
Del resto, l'aria poco sana del suo viso in quel periodo era
abbastanza comprensibile: tutti sapevano o avevano sentito parlare dello
stile di vita inquieto e "dissipato" al quale egli si era abbandonato negli
ultimi tempi nella nostra cittadina, come del resto era noto il livello di ira
furibonda che raggiungeva nelle dispute con il padre sul denaro conteso. In
città giravano già alcuni aneddoti a proposito.

Vero è che egli era irascibile
per natura, che aveva "una mente instabile e squilibrata",
come si era
espresso pittorescamente su di lui il nostro giudice conciliatore, Semën
Ivanoviè Kacâl'nikov, durante una riunione.

Era vestito con ineccepibile
eleganza: indossava una finanziera accuratamente abbottonata,
guanti neri
e teneva il cilindro in mano.
 Dal momento che aveva lasciato l'esercito
solo di recente, egli portava i baffi,
mentre la barba era rasata di fresco. I
capelli biondo-scuri erano tagliati corti e pettinati in avanti sulle tempie.
Aveva il passo lungo e risoluto del militare.
Si fermò un attimo sulla soglia
e, dopo aver avvolto tutti i presenti nel suo sguardo,
i diresse dritto verso
lo starec, intuendo che fosse lui l'ospite.
Gli fece un profondo inchino e
chiese la sua benedizione.
Lo starec si alzò e lo benedisse; Dmitrij
Fëdoroviè gli baciò rispettosamente
la mano e con un'agitazione intensa,
persino con una certa irritazione, disse: «Abbiate la generosità di
perdonarmi per avervi fatto aspettare tanto a lungo.






LIBRO II, Cap. VI,  Che vive a fare un simille uomo p.90