mercoledì 7 settembre 2016

IL PADRINO DI MITJA: Pëtr Aleksandroviè Miusov



5. IL PADRINO DI MITJA

                                                               Pëtr Aleksandroviè Miusov








Nikolaj Aleksandrovič Jarošenko (1846-1898), Ritratto di Gleb Ivanovič Uspenskij, scrittore, 1884, Museo di belle arti, Ekaterinburg


.
...Ma accadde che tornò
da Parigi il cugino della defunta Adelaida Ivanovna, Pëtr Aleksandroviè
Miusov. Questi in seguito visse molti anni all'estero, ma allora era ancora
molto giovane e spiccava fra i Miusov per la sua cultura, perché era
vissuto nella capitale e all'estero e, dopo essere stato di gusti europei per
tutta una vita, alla fine era diventato un liberale degli anni '40 e '50.
[...]Aveva una proprietà che gli
garantiva una vita indipendente, di circa mille anime secondo le vecchie
misurazioni. La magnifica tenuta si trovava alle porte della nostra cittadina
e confinava con le terre del nostro rinomato monastero,
con il quale Pëtr
Aleksandroviè, sin dagli anni della prima giovinezza, subito dopo
l'assegnazione dell'eredità, aveva intrapreso immediatamente una causa
interminabile per il diritto di pesca nel fiume o di taglio nel bosco, non so
con precisione, ma aveva ritenuto persino un suo dovere di cittadino e
persona illuminata far causa ai "clericali".

Dopo aver appreso tutta la storia
di Adelaida Ivanovna che lui, s'intende, ricordava e per la quale un tempo
aveva persino avuto un certo interesse, e avendo saputo dell'esistenza di
Mitja egli, nonostante tutto il suo sdegno giovanile e il disprezzo per Fëdor
Pavloviè, s'immischiò nella faccenda. In quella occasione incontrò per la
prima volta Fëdor Pavloviè. Gli comunicò su due piedi che avrebbe
desiderato occuparsi dell'educazione del bambino.
[...]Mitja si trasferì di fatto da questo cugino di secondo
grado, ma questi non aveva una famiglia propria e, dal momento che lui
stesso, subito dopo aver sistemato e assicurato i redditi delle sue proprietà,
si affrettò subito a partire per Parigi per un lungo periodo, ecco che affidò
il bambino a una sua zia di secondo grado, una nobildonna moscovita.
Accadde che, vivendo permanentemente a Parigi, anche lui si dimenticò
del bambino, soprattutto quando ebbe inizio quella rivoluzione di febbraio
che tanto colpì la sua immaginazione e che egli non poté dimenticare per
tutta la vita.