mercoledì 7 settembre 2016

IL SECONDO FIGLIO: IVAN


9. IVAN FEDOROVIE KARAMAZOV




"… sul maggiore, Ivan, dirò
soltanto che egli cresceva  
come un adolescente tetro e chiuso in se stesso,
non certo timido, 
ma pare che già all'età di dieci anni fosse consapevole
del fatto che essi crescevano in una famiglia estranea 

e grazie ai favori altrui,
 e che il loro padre era un tipo 
del quale faceva persino ribrezzo parlare, e così via.

Questo ragazzo cominciò molto presto, 

quasi nella prima infanzia (almeno così dicevano), 
a rivelare un'attitudine allo studio
brillante e fuori dal comune.

Non so come, con esattezza, ma in qualche
modo accadde che egli si separò dalla famiglia di Efim Petroviè, 

all'età di tredici anni circa, 
per passare in un ginnasio di Mosca 
e a pensione da un pedagogo esperto e al tempo famoso, 
un amico di infanzia di Efim Petroviè.

Ivan stesso raccontò in seguito che tutto era accaduto, 

per così dire, «a causa della smania di buone azioni» di Efim Petroviè, 
entusiasta all'idea che un ragazzo di capacità geniali 
fosse educato da un istitutore geniale. 
Ma né Efim Petroviè né il geniale istitutore erano più fra i vivi,
quando il giovanotto, terminato il ginnasio, si iscrisse all'università.


Dal momento che Efim Petroviè aveva dato disposizioni poco chiare, 
anche la riscossione del denaro personale 
che la generalessa tiranna aveva lasciato in eredità ai bambini - 
e che era raddoppiata grazie agli interessi rispetto ai mille rubli iniziali - 
fu tirata per le lunghe per le diverse formalità 
e i ritardi, assolutamente inevitabili da noi, 
pertanto nei primi due anni d'università 
il giovanotto si trovò in serie ristrettezze 
perché fu costretto, per tutto quel tempo, 
a provvedere da solo al proprio mantenimento e
contemporaneamente a dedicarsi allo studio.

È degno di nota che allora
non volle fare nemmeno il tentativo di mettersi in contatto con il padre 

per via epistolare, 
forse per orgoglio, 
forse per disprezzo nei suoi confronti,
oppure semplicemente per il freddo buon senso 

che gli suggeriva che da un paparino come quello 
non avrebbe ricevuto nessun vero appoggio.

In ogni caso, il giovanotto non si perse d'animo 

e si mise a lavorare,
dapprima
con le lezioni private a venti copeche,
poi correndo per le redazioni dei giornali per consegnare 

articoletti di dieci righe sugli incidenti stradali 
firmati "Un testimone".


illustrazione:Boris Michajlovič Kustodiev, Ritratto di Ivan Bilibin, 1901.