giovedì 19 agosto 2021

NOBILTA' DI MITJA





 «Scusate, signori, permettete un minutino», lo interruppe Mitja appoggiando entrambi i gomiti sul tavolo e coprendosi il volto con le mani, «concedetemi un attimo per pensare, per riprendere fiato, signori. Tutto questo mi sconvolge terribilmente, terribilmente, l'uomo non ha mica la pelle di tamburo, signori!»



«Scrivete, signori, mi rendo conto che si tratta dell'ennesimo indizio contro di me, ma non temo gli indizi e li riferirò anche se possono nuocermi. Mi sentite? Vedete, signori, voi mi prendete per un uomo completamente diverso da quello che sono», soggiunse cupo e rattristato. «È un uomo nobile, una persona nobilissima che vi sta parlando, e soprattutto, questo non perdetelo di vista, un uomo che ha commesso un mare di malefatte, ma che, nonostante tutto, è sempre stato, ed è ancora, un essere nobilissimo, nella sua essenza, nel suo intimo, nel profondo del suo cuore, insomma, in una parola, non riesco ad esprimermi... Proprio questo mi ha tormentato per tutta la vita, questa mia brama di nobiltà d'animo, io sono stato, diciamo così, un martire della nobiltà d'animo, l'ho cercata con il lanternino, con la lanterna di Diogene, eppure per tutta la vita non ho fatto che commettere canagliate, come tutti noi, signori, cioè, come me solo, signori, non tutti, ma io solo, io ho sbagliato, io solo, io solo!... Signori, mi fa male la testa», e aggrottò la fronte con aria sofferente, «vedete, signori, non riuscivo a sopportare il suo aspetto, c'era qualcosa di ignobile in lui, di impudente, quello sprezzo per tutto ciò che c'è di sacro, quell'ironia, quell'irriverenza, qualcosa di sporco, di sporco! Ma adesso che è morto, la penso diversamente».