lunedì 23 agosto 2021

TEMPO E SPAZIO





http://cosimocampagna.it/2015/06/12/il-naufragio-del-se-terza-e-ultima-parte/ 


In Dostoevskij il paesaggio è quasi immerso nel buio o comunque nella luce crepuscolare e lo scrittore sembra evocarlo solo quando questo prelude ad una svolta inquietante nella storia dei suoi personaggi.


La percezione del paesaggio in Dostoevskij prescinde decisamente da ogni meccanismo fisico, è a tratti allucinatoria ovvero il prodotto di un processo esclusivamente psichico.  Il paesaggio non ha consistenza al di fuori delle vicende dei personaggi, non prescinde mai dall’umore di essi.


http://dspace.unive.it/bitstream/handle/10579/3813/810995-1165627.pdf?sequence=2

Anche lo spazio e il tempo vengono “spiritualizzati”. 

Per quanto riguarda lo spazio nei romanzi dostoevskiani manca la natura: 

 I suoi paesaggi non sono la distesa verde dei prati, la messe biondeggiante dei campi, la misteriosa oscurità dei boschi, l’ampia e lenta corrente dei fiumi, ma sono luoghi riferiti all’uomo, spazi interiori e spirituali, intimità dense di presenze umane, casse di risonanza di drammi interiori e di segrete tragedie. Dostoevskij non è insensibile alla terra russa, al punto da raffigurarla baciata da Raskol’nikov in procinto di redimersi, e da Alëša quando inizia il suo itinerario nel mondo: ma la terra russa non è per lui né un luogo 

 225 Ibidem. 226 Ivi, cit., pp. 13-14. 227 Ivi, cit., p. 14. 228 Ibidem. 65 

geografico né un paesaggio naturale, ma un suolo carico di memorie umane e una sostanza mistica densa di spiritualità229 . Il paesaggio di Dostoevskij è un paesaggio spirituale: “il suo cosmo non è il mondo ma solo l’uomo”230. 

Anche Stefan Zweig sottolinea come nei romanzi dostoevskiani manca il “riposo” offerto dalla natura: “manca quel prezioso granello di panteismo che rende tanto benefiche, tanto liberatrici le opere tedesche e quelle elleniche”231 .  Le opere di Dostoevskij si svolgono tutte in stanze mal arieggiate, in strade grigie di fumo, in bettole torbide, c’è sempre una greve aria umana, troppo umana che non viene agitata e purificata dal vento dei cieli e dall’imperversare delle stagioni. […] Manca loro il riposo dall’umanità, quella benefica rilassatezza dei nervi, la migliore per l’uomo quando distoglie lo sguardo da se stesso e dalle proprie pene per posarlo sull’insensibile e impassibile universo. […] La sua sfera è il mondo dell’anima, non la natura, il suo mondo è solo l’umanità232 . 229 Ibidem. 230 S. ZWEIG, Dostoevskij, cit., p. 70. 231 Ibidiem. 

Zweig sottolinea come nessun termine di confronto è troppo grande per l’opera di Dostoevskij, che può essere confrontata “con ciò che vi è di eterno e di eccelso nella letteratura mondiale”. Secondo Zweig 

“la tragedia dei Karamazov non è inferiore alle vicende di Oreste, all’epica di Omero, alla linea sublime dell’opera di Goethe. Anzi, queste opere sono tutte più semplici, più piane, meno ricche di conoscenze, meno gravide di avvenire di quelle di Dostoevskij. Sono però in qualche modo più blande e più gentili per l’anima, danno un senso di liberazione del sentimento, mentre Dostoevskij non dà che la conoscenza. Io credo che quella liberazione, quel senso di riposo, lo debbano al fatto di non essere tanto umane, tanto esclusivamente umane. Hanno attorno a sé una cornice sacra di cielo radioso, di mondo, un alito di prati e campi, un lembo di firmamento dove il sentimento spaurito si rifugia e si riposa. In Omero, in mezzo alle battaglie, alla più sanguinosa mischia degli uomini, c’è qualche rigo di descrizione e si respira la salsedine del mare; l’argentina luce della Grecia brilla sopra la carneficina; il sentimento nostro lieto riconosce che la tonante battaglia degli uomini non è che una piccola meschina illusione di fronte all’eternità delle cose. E si respira, ci si sente liberati dalla torbida umanità. Anche Faust ha la sua domenica di Pasqua, getta via il proprio tormento nella natura selvaggia, lancia il suo giubilo nella primavera del mondo. In tutte queste opere la natura ci libera dal mondo degli uomini. 

A Dostoevskij invece manca il paesaggio, manca il riposo” (Ivi, cit., pp. 69-70). 232 Ivi, cit., pp. 70-71. 66 

Il paesaggio in Dostoevskij non è inesistente, semplicemente non viene mai descritto di per se stesso, ma è indicato e sottolineato nella misura in cui può spiegare l’azione: “il paesaggio è schizzato quale è sentito dal personaggio del romanzo”233 . 

 Ciò vale anche per la città, memorabile è la sua descrizione di Pietroburgo “città irreale ed incerta, con i suoi palazzi avvolti dalla nebbia d’autunno, con le sue allucinanti notti bianche”234, ma la città è solamente “l’atmosfera dell’uomo”, “un momento del suo tragico destino”: “la città è impregnata dall’uomo, ma non ha un’esistenza autonoma, è solo lo sfondo”235 . 


 Come dimenticare l’inizio di Delitto e castigo, romanzo che si apre evocando 

 “una giornata straordinariamente calda del principio di luglio”236, in un quartiere popolare della capitale: Nella strada faceva un caldo tremendo, afoso, per di più c’era ressa, calcina, legname, mattoni, polvere da tutte le parti, e quello speciale lezzo estivo, noto ad ogni pietroburghese che non abbia la possibilità d’andare in villeggiatura: quest’insieme di cose scosse in modo sgradevole i nervi del giovane, che erano già abbastanza sconcertati. L’insopportabile puzzo delle bettole, che in quella parte della città erano straordinariamente numerose, gli ubriachi che gli capitavano continuamente fra i piedi, benché fosse giorno di lavoro, davano una tinta ancora più ripugnante e malinconica a quel quadro. Un senso di profondo disgusto balenò per un attimo nel volto delicato del giovane237 .

 Dostoevskij sembra tuttavia preferire “gli spazi angusti e affollati”: camerette, studioli, soffitte, cantine, in cui questi personaggi vivono, si muovono e conversano tra loro “mescolando i loro destini e congiungendo i loro drammi”238. Per restare a Delitto e castigo basti pensare alla “stanzetta” presa in subaffitto, nella quale viveva 233 P. PASCAL, Dostoevskij: l’uomo e l’opera, cit., p. 314. 234 L. PAREYSON, Dostoevskij. Filosofia, romanzo ed esperienza religiosa, cit., 14. 235 N. BERDJAEV, La concezione di Dostoevskij, cit., p. 28. 236 F. DOSTOEVSKIJ, Delitto e castigo, cit., p. 19. 237 Ivi, cit., p. 20. 238 L. PAREYSON, Dostoevskij. Filosofia, romanzo ed esperienza religiosa, cit., pp. 14-15. 

Pareyson nota come nei romanzi dostoevskiani non manchino “le dimore residenziali, i palazzi signorili, le stanze lussuose”, smentendo in questo modo “l’interpretazione populista e socialisteggiante che fa di lui un sostenitore delle capanne e della povera gente”. Eppure, il lettore sembra non prestarvi attenzione, poiché anche lì l’azione si svolge in una stanza, dove i diversi personaggi confluiscono, ciascuno portando “il suo destino e il suo dramma” (Ibidem). 67 Raskol’nikov, la quale “rassomigliava piuttosto a un armadio che a un’abitazione”239 . Si trattava di un vero e proprio “bugigattolo”240. Per non parlare dello “studio buio e freddo” di Rogožin, con la copia del Cristo morto di Holbein alla parete, “l’oscuro e opprimente albergo” in cui Myškin incontra gli occhi ardenti di Rogožin, “la tragica camera”, nella quale Kirillov s’impicca dietro la porta, “la soffitta, ultima dopo una fuga di scale” in cui si uccide Stavrogin, 

“il sudicio e affollatissimo ambiente”, nel quale vive l’intera famiglia di Iljuša241 . 

 Gli spazi dostoevskiani sono “intimi, spirituali, umani, e simbolo di ciò è la loro angustia, che li rende sempre stipati ed affollati”242. 

Per Dostoevskij “il mondo esteriore e fisico è veramente reale, e perciò visibile, solo quando un’anima umana ne fa il luogo della sua sofferenza e della sua disperazione”243 . 

 Se lo spazio nei romanzi dostoevskiani “è sempre affollato”, 

il tempo “è sempre affrettato”244: 

 In Dostoevskij tutto si svolge con un ritmo espressamente e intenzionalmente accelerato, in modo assai più rapido del tempo normale dei nostri orologi. […] tutto si muove con una cadenza veloce e vorticosa, con un ritmo inesorabile e implacabile, in una successione foltissima di avvenimenti esteriori e interiori. Gli eventi precipitano, le conseguenze incalzano, le conclusioni incombono. 

In nessun altro romanziere le ore e i giorni sono così pieni come in Dostoevskij: ogni giorno è un’epoca intera, ogni ora è un groppo di eventi, ogni minuto è gravido di destino245 . 239 F. DOSTOEVSKIJ, Delitto e castigo, cit., p. 19. 240 Ibidem. 

Potremmo ricordare anche la vecchia casa grigia dal tetto rosso, piena di “insospettati ripostigli, bugigattoli svariati e insospettate scale” dei Fratelli Karamazov (I. SIBALDI, Introduzione, in I fratelli Karamazov, cit., p. V). 241 L. PAREYSON, Dostoevskij. Filosofia, romanzo ed esperienza religiosa, cit., p. 15. 242 Ibidem. 243 Ibidem. 244 Ibidem. 245 Ivi, cit., pp. 15-16. 

Pareyson sottolinea come a parte alcuni intervalli di tempo, che sono del resto “insignificanti e non valutabili nella loro durata oggettiva”, le vicende dell’Idiota si svolgono in soli nove giorni, 

mentre nei Fratelli Karamazov le complicatissime vicende ricche di eventi decisivi per il destino di numerose persone, “non richiedono che sette giorni”. (Ibidem). 68 

Di conseguenza, nelle opere dostoevskiane lo spazio ed il tempo sono ben diversi da quelli reali e fisici, sono “spazi e tempi spirituali: luoghi di dolore e di tragedia, minuti decisivi per un intero destino”246 . 

 Abbiamo già sottolineato con Bachtin, quanto sia l’autocoscienza del personaggio, nonché l’interazione con gli altri personaggi, l’elemento decisivo nelle opere dostoevskiane, perciò l’intera realtà diventa elemento di questa autocoscienza247. Questi personaggi dostoevskiani, per quanto “fisicamente vestiti, socialmente collocati, ambientati in uno spazio e in un tempo”, tuttavia “vivono in una nudità spirituale e in una realtà superiore”248 . A questo punto non possiamo che chiederci: “Che cosa ‘fanno’ questi uomini che non ‘fanno’ mai niente, ma ‘vivono’ intensamente e non fanno che ‘parlare’ dell’esperienza che hanno vissuto?”249 . La risposta, secondo Pareyson, viene da Berdjaev: i personaggi dostoevskiani “fanno dell’antropologia cristiana, meditano sulla tragedia dell’uomo, sciolgono l’enigma del mondo”250: 

 Dostoevskij ha avuto solo un pensiero dominante, solo un problema a cui ha dedicato tutti i suoi sforzi creativi. Questo problema è l’uomo e il suo destino. Non si può condannare l’eccezionale antropologismo e antropocentrismo di Dostoevskij. 

Nella sua ossessione per l’uomo vi è qualcosa di furioso ed eccezionale. L’uomo per lui non è un fenomeno del mondo naturale, non è un fenomeno fra gli altri, sia pure il supremo. L’uomo è un microcosmo, il centro dell’essere, un sole intorno a cui tutto gira. Ogni cosa è nell’uomo e per l’uomo, in lui è il mistero della vita universale. Risolvere il problema dell’uomo significa risolvere il problema di Dio. Tutta l’opera di Dostoevskij è una difesa dell’uomo e del suo destino, spinta sino all’empietà, ma che si risolve col confidare il destino dell’uomo al Dio-uomo, Cristo. […]. L’antropologismo di Dostoevskij è profondamente cristiano, e tale atteggiamento verso l’uomo fa di lui uno scrittore cristiano251 . 246 Ibidem. [c.n.] 247 Vedi p. 28. 248 L. PAREYSON, Dostoevskij. Filosofia, romanzo ed esperienza religiosa, cit., p. 16. 249 Ibidem. Pareyson rileva come i personaggi dostoevskiani “non fanno mai niente nel senso proprio del termine”: “non hanno occupazioni, non hanno impegni, non hanno un lavoro, ma vanno e vengono, s’incontrano e s’incrociano, non cessano mai di parlare, e soprattutto vivono esperienze importanti e decisive” (Ibidem). 250 Ibidem. 251 N. BERDJAEV, La concezione di Dostoevskij, cit., p. 27.