mercoledì 11 agosto 2021

L'ARRESTO DI MITJA

 LIBRO OTTAVO



«Mitja, chi è che ci sta guardando da lì?», sussurrò all'improvviso. Mitja si voltò e vide che in effetti qualcuno aveva sollevato la tenda e li stava come spiando. 





E sembrava pure che non ci fosse una persona sola. Egli saltò in piedi e avanzò rapidamente verso l'intruso. «Venite qui, favorite da questa parte», gli disse qualcuno con un tono di voce non alto, ma deciso e perentorio. Mitja oltrepassò la tenda e rimase di sasso. Tutta la stanza era gremita di persone, ma non erano le persone di prima, erano altre. Un brivido improvviso gli corse su per la schiena ed egli trasalì. Riconobbe subito quelle persone. 








Quel vecchio alto e corpulento, con il cappotto e il berretto con la coccarda era il capo della polizia, Michail Makaryè. 






Quello zerbinotto azzimato dall'aria "tubercolotica" con "gli stivali eternamente lustri" era il sostituto procuratore. "Ha un cronometro che vale quattrocento rubli, me l'ha mostrato". 








E quel piccoletto, giovane con gli occhiali... Mitja aveva dimenticato il cognome, ma sapeva chi era, l'aveva già incontrato: era il giudice istruttore, il giudice istruttore del tribunale, arrivato fresco fresco dalla facoltà di "Giurisprudenza". 






E quell'altro era il capodistretto di polizia, Mavrikij Mavrikiè, anche quello lo conosceva, lo conosceva bene. 







E quelli con le placche, quelli che sono venuti a fare? E poi ancora un paio di ceffi... 

Ah, ecco lì presso la porta Kalganov e Trifon Borisyè... 


 «Signori... Che significa, signori?», fece per dire Mitja, come fuori di sé; poi, senza sapere quello che stava facendo, gridò ad alta voce, con tutto il fiato che aveva: «Ca-pi-sco!» Il giovane con gli occhiali avanzò all'improvviso e, giunto vicino a lui, disse con gravità, ma anche con una certa fretta: «Dobbiamo farvi... insomma, vi prego di venire da questa parte, ecco qui, sul divano... È assolutamente indispensabile che voi ci diate una spigazione...» «Il ve-cchio!», gridava Mitja freneticamente. «Il vecchio e il suo sangue! Ca-pi-sco!» E crollò, quasi cadde, sulla sedia che gli stava di fianco. 


 «Capisci? Ha capito! Parricida, mostro, il sangue di tuo padre grida vendetta contro di te!», ruggì il capo della polizia avanzando bruscamente verso Mitja. Era fuori di sé, paonazzo in viso e tutto tremante. 

 «Ma è impossibile!», gridava il giovane piccoletto. 

«Michail Makaryè, Michail Makaryè! Non così, non così, vossignoria! Vi prego di lasciar parlare me... Non mi sarei mai aspettato un simile comportamento da parte vostra...» 

 «Ma questo è un delirio, signori, un delirio!», esclamava il capo della polizia. «Ma guardatelo: ubriaco, a quest'ora di notte, in compagnia di una donna di malaffare e macchiato del sangue di suo padre... Delirio! Delirio!» 

 «Vi prego caldamente, caro Michail Makaryc, di tenere a freno i vostri sentimenti, questa volta», sussurrò a velocità strepitosa il sostituto procuratore al vecchio, «altrimenti mi vedrò costretto a prendere...» 

 Ma il giudice istruttore, il piccoletto non lo lasciò finire; egli si rivolse a Mitja e con voce ferma, alta e grave proferì: «Signor tenente in congedo Karamazov, è mio dovere comunicarvi che siete accusato dell'omicidio di vostro padre, Fëdor Pavloviè Karamazov, perpetrato questa notte...» 

 Egli aggiunse qualcos'altro e anche il procuratore disse qualcosa da parte sua, ma Mitja, anche se li ascoltava, non capiva quello che dicevano. Li guardava tutti con occhi spiritati...