venerdì 13 agosto 2021

LA GIUSTIZIA

 LA MACCHINA DELLA GIUSTIZIA E LA VERITA'



LIBRO SESTO

LA VITA DI ZOSIMA

IL VISITATORE MISTERIOSO

Il giorno del suo compleanno, ogni anno, a casa sua si teneva un grande ricevimento al quale partecipava mezza città. Anche quell'anno ci andarono tutti. Ed ecco che dopo il pranzo, egli si fece avanti al centro della sala con un documento fra le mani: una dichiarazione formale per i suoi superiori. E dal momento che i suoi superiori erano presenti, egli lesse quella dichiarazione ad alta voce davanti a tutti i convenuti: essa conteneva la descrizione del delitto in tutti i dettagli: "Mi separo dalla compagine umana perché sono un mostro. Dio mi ha visitato", concludeva il documento, "e io voglio soffrire!" Poi prese e poggiò sul tavolo tutti gli oggetti con i quali intendeva dimostrare la propria colpevolezza e che aveva conservato per quattordici anni: gli oggetti d'oro della defunta da lui rubati con l'intento di stornare i sospetti da sé, il medaglione e la croce strappati dal collo di lei - il medaglione conteneva il ritratto del suo fidanzato - un libretto di appunti e infine due lettere: la lettera del suo fidanzato, nella quale la informava del suo prossimo ritorno, e la risposta da lei cominciata, ma non finita, che aveva lasciato sul tavolo per spedirla il giorno dopo. Aveva preso per sé entrambe quelle lettere, a che scopo? A che scopo conservarle per quattordici anni invece di distruggerle in quanto prove? Ed ecco che cosa successe: tutti rimasero sbigottiti e inorriditi, ma nessuno voleva credergli, tutti lo avevano ascoltato con eccezionale interesse, ma come se si fosse trattato di un malato. Qualche giorno più tardi in ogni casa si era già deciso e stabilito che il disgraziato era uscito di senno. I superiori e le autorità giudiziarie non poterono fare a meno di avviare l'inchiesta, ma si arenarono anche loro; sebbene gli oggetti prodotti e le lettere costringessero a una riflessione, anche in quella sede si decise che, seppure quei documenti si fossero rivelati autentici, non si poteva emettere una sentenza definitiva esclusivamente sulla base di quei documenti. Poteva essere stata la signora stessa a consegnargli quegli oggetti, come ad un amico, perché li tenesse in custodia.


LIBRO NONO

LE TRIBOLAZIONI DI MITJA


 III • Pellegrinaggio di un'anima attraverso le tribolazioni. 

Tribolazione prima 


 E così Mitja se ne stava seduto ad osservare con occhi spiritati la gente intorno a lui, senza capire che cosa gli dicessero. Ad un tratto si alzò, slanciò in alto le braccia e gridò a voce alta: «Sono innocente! Di quel sangue sono innocente! Del sangue di mio padre sono innocente... Volevo ucciderlo, ma sono innocente! Non sono stato io! [...]


«E così, voi dichiarate con fermezza di non essere colpevole della morte di vostro padre, Fëdor Pavloviè?», domandò il giudice istruttore con dolcezza, ma con insistenza.


 «Sono innocente! Sono colpevole di un altro sangue, del sangue di un altro vecchio, ma non di quello di mio padre... E piangerò per quello! Ho ucciso, ho ucciso un vecchio, l'ho ucciso e l'ho atterrato... Ma è penoso rispondere per quell'omicidio con un altro omicidio, un omicidio terribile del quale sono innocente... È un'accusa terribile, signori, un colpo tra capo e collo! Ma chi ha ucciso mio padre, chi? Chi mai può averlo ucciso se non io? È inaudito, assurdo, impossibile!... » [...]


«E così, per il momento metteremo a verbale che voi respingete nella maniera più recisa l'accusa che è stata mossa contro di voi», proferì Nikolaj Parfenoviè con aria grave e, giratosi verso lo scrivano, gli dettò a mezza voce quello che doveva scrivere. «Mettere a verbale? Voi volete mettere questo a verbale? Allora verbalizzate pure, sono d'accordo, vi do il mio pieno consenso, signori... Solo, vedete... Aspettate, aspettate, scrivete così: "Di violenza egli è colpevole, delle pesanti percosse inflitte al povero vecchio, colpevole". E c'è ancora qualche cosa nel profondo del mio cuore di cui sono colpevole, ma questo non c'è bisogno di scriverlo», e si rivolse di scatto allo scrivano, «si tratta della mia vita privata in questo caso, signori, e questo, cioè il profondo del mio cuore, a voi non interessa... Ma dell'assassinio del vecchio mio padre, sono innocente! È un'idea folle! È un'idea completamente folle... Ve lo proverò e vi convincerete da soli immediatamente. Voi riderete, signori, vi sbellicherete dalle risa per aver sospettato di me!»