mercoledì 29 settembre 2021

IL DIAVOLO DI IVAN


 






Sembrava che qualcuno fosse seduto lì, penetrato Dio solo sa come, perché prima non c'era, quando Ivan Fëdoroviè, di ritorno da Smerdjakov, era entrato nella stanza. Si trattava di un certo signore o, per meglio dire, di un gentiluomo russo di un genere particolare, non più giovane, qui frisait la cinquantaine, come dicono i francesi, con una leggera brizzolatura sui capelli scuri piuttosto lunghi e folti, e la corta barbetta a punta. Indossava una giacca color marroncino, chiaramente di ottima fattura, ma piuttosto lisa, cucita secondo lo stile di tre anni addietro e ormai del tutto fuori moda, di quelle che la gente abbiente ed elegante non indossava più da almeno due anni. La biancheria, la cravatta lunga a mo' di sciarpa erano di quelle che portano tutti i gentiluomini eleganti, ma la biancheria, a un'osservazione più attenta, era piuttosto sporchina e la larga sciarpa molto logora. I pantaloni a quadri dell'ospite gli cadevano magnificamente, ma, ancora una volta, erano troppo chiari e un pochino troppo attillati, di quelli che adesso non si portano più, come del resto anche il morbido cappello di pelo bianco che l'ospite si portava dietro del tutto fuori stagione. Insomma, era il ritratto del decoro associato a mezzi economici estremamente scarsi. Si sarebbe detto che il gentiluomo appartenesse al novero di quei possidenti oziosi che prosperavano ai tempi della servitù della gleba; sicuramente uno che aveva fatto parte del bel mondo e della crema della società, aveva avuto buone conoscenze, che tuttora forse conservava, ma che si era gradualmente impoverito, dopo una giovinezza spensierata e l'abolizione della servitù, per finire con il diventare una specie di parassita di bon ton, che girovagava da un vecchio conoscente all'altro, accolto per il suo carattere socievole e accomodante e anche in considerazione del fatto che si trattava pur sempre di un uomo dabbene che faceva anche comodo ammettere alla propria tavola, seppure, ovviamente, in un posto modesto. Questi parassiti, gentiluomini dal carattere accomodante, in grado di raccontare storielle, giocare una partita a carte, e con una netta avversione per qualunque tipo di incarico si voglia ad essi imporre, di solito sono creature solitarie, scapoli o vedovi, e, se hanno figli, questi sono puntualmente allevati da qualche parte, lontano, da qualche zia che non menzionano mai nella buona società, quasi si vergognassero di una tale parentela. Essi perdono gradualmente di vista i figli, sebbene di tanto in tanto ricevano da loro una lettera d'augurio per l'onomastico o per Natale, alla quale qualche volta si preoccupano pure di rispondere. La fisionomia dell'ospite inatteso non era tanto bonaria quanto, ancora una volta, accomodante e disponibile ad assumere un'espressione amabile qualsiasi, a seconda dell'occorrenza. Non portava orologio, ma aveva un occhialino di tartaruga appeso a un nastro nero. Al dito medio della mano destra faceva bella mostra di sé un massiccio anello d'oro ornato di un opale di scarso valore. Ivan Fëdoroviè taceva incollerito e non voleva dare inizio alla conversazione. L'ospite aspettava e stava seduto esattamente come un parassita appena sceso dalla camera assegnatagli per fare compagnia al padrone di casa per il tè, e che mantiene un discreto silenzio nel vedere che questi è impegnato e arcignamente pensieroso, pronto tuttavia a intraprendere un'affabile conversazione non appena il padrone di casa ne abbia voglia.