martedì 7 settembre 2021

I CRITICI



 

1 L. PAREYSON, Dostoevskij. Filosofia, romanzo ed esperienza religiosa, 



In Dostoevskij tutto si svolge con un ritmo espressamente e intenzionalmente accelerato, in modo assai più rapido del tempo normale dei nostri orologi. […] tutto si muove con una cadenza veloce e vorticosa, con un ritmo inesorabile e implacabile, in una successione foltissima di avvenimenti esteriori e interiori. Gli eventi precipitano, le conseguenze incalzano, le conclusioni incombono. In nessun altro romanziere le ore e i giorni sono così pieni come in Dostoevskij: ogni giorno è un’epoca intera, ogni ora è un groppo di eventi, ogni minuto è gravido di destino245 .


245 Ivi, cit., pp. 15-16. Pareyson sottolinea come a parte alcuni intervalli di tempo, che sono del resto “insignificanti e non valutabili nella loro durata oggettiva”, le vicende dell’Idiota si svolgono in soli nove giorni, mentre nei Fratelli Karamazov le complicatissime vicende ricche di eventi decisivi per il destino di numerose persone, “non richiedono che sette giorni”. (Ibidem).




230 S. ZWEIG, Dostoevskij, cit., p. 70. 231 Ibidiem. 


Il paesaggio di Dostoevskij è un paesaggio spirituale: “il suo cosmo non è il mondo ma solo l’uomo”230.

 Anche Stefan Zweig sottolinea come nei romanzi dostoevskiani manca il “riposo” offerto dalla natura: “manca quel prezioso granello di panteismo che rende tanto benefiche, tanto liberatrici le opere tedesche e quelle elleniche”231 . 

 Le opere di Dostoevskij si svolgono tutte in stanze mal arieggiate, in strade grigie di fumo, in bettole torbide, c’è sempre una greve aria umana, troppo umana che non viene agitata e purificata dal vento dei cieli e dall’imperversare delle stagioni. […] Manca loro il riposo dall’umanità, quella benefica rilassatezza dei nervi, la migliore per l’uomo quando distoglie lo sguardo da se stesso e dalle proprie pene per posarlo sull’insensibile e impassibile universo. […] La sua sfera è il mondo dell’anima, non la natura, il suo mondo è solo l’umanità


Zweig sottolinea come nessun termine di confronto è troppo grande per l’opera di Dostoevskij, che può essere confrontata “con ciò che vi è di eterno e di eccelso nella letteratura mondiale”. Secondo Zweig “la tragedia dei Karamazov non è inferiore alle vicende di Oreste, all’epica di Omero, alla linea sublime dell’opera di Goethe. Anzi, queste opere sono tutte più semplici, più piane, meno ricche di conoscenze, meno gravide di avvenire di quelle di Dostoevskij. Sono però in qualche modo più blande e più gentili per l’anima, danno un senso di liberazione del sentimento, mentre Dostoevskij non dà che la conoscenza. Io credo che quella liberazione, quel senso di riposo, lo debbano al fatto di non essere tanto umane, tanto esclusivamente umane. Hanno attorno a sé una cornice sacra di cielo radioso, di mondo, un alito di prati e campi, un lembo di firmamento dove il sentimento spaurito si rifugia e si riposa. In Omero, in mezzo alle battaglie, alla più sanguinosa mischia degli uomini, c’è qualche rigo di descrizione e si respira la salsedine del mare; l’argentina luce della Grecia brilla sopra la carneficina; il sentimento nostro lieto riconosce che la tonante battaglia degli uomini non è che una piccola meschina illusione di fronte all’eternità delle cose. E si respira, ci si sente liberati dalla torbida umanità. Anche Faust ha la sua domenica di Pasqua, getta via il proprio tormento nella natura selvaggia, lancia il suo giubilo nella primavera del mondo. In tutte queste opere la natura ci libera dal mondo degli uomini. A Dostoevskij invece manca il paesaggio, manca il riposo” (Ivi, cit., pp. 69-70).


N. BERDJAEV, La concezione di Dostoevskij,

A questo punto non possiamo che chiederci: “Che cosa ‘fanno’ questi uomini che non ‘fanno’ mai niente, ma ‘vivono’ intensamente e non fanno che ‘parlare’ dell’esperienza che hanno vissuto?”249 . La risposta, secondo Pareyson, viene da Berdjaev: i personaggi dostoevskiani “fanno dell’antropologia cristiana, meditano sulla tragedia dell’uomo, sciolgono l’enigma del mondo”250: Dostoevskij ha avuto solo un pensiero dominante, solo un problema a cui ha dedicato tutti i suoi sforzi creativi. Questo problema è l’uomo e il suo destino. Non si può condannare l’eccezionale antropologismo e antropocentrismo di Dostoevskij. Nella sua ossessione per l’uomo vi è qualcosa di furioso ed eccezionale. L’uomo per lui non è un fenomeno del mondo naturale, non è un fenomeno fra gli altri, sia pure il supremo. L’uomo è un microcosmo, il centro dell’essere, un sole intorno a cui tutto gira. Ogni cosa è nell’uomo e per l’uomo, in lui è il mistero della vita universale. Risolvere il problema dell’uomo significa risolvere il problema di Dio. Tutta l’opera di Dostoevskij è una difesa dell’uomo e del suo destino, spinta sino all’empietà, ma che si risolve col confidare il destino dell’uomo al Dio-uomo, Cristo. […]. L’antropologismo di Dostoevskij è profondamente cristiano, e tale atteggiamento verso l’uomo fa di lui uno scrittore cristiano251 . 246 Ibidem. [c.n.] 247 Vedi p. 28. 248 L. PAREYSON, Dostoevskij. Filosofia, romanzo ed esperienza religiosa, cit., p. 16. 249 Ibidem. Pareyson rileva come i personaggi dostoevskiani “non fanno mai niente nel senso proprio del termine”: “non hanno occupazioni, non hanno impegni, non hanno un lavoro, ma vanno e vengono, s’incontrano e s’incrociano, non cessano mai di parlare, e soprattutto vivono esperienze importanti e decisive” (Ibidem). 250 Ibidem. 251 N. BERDJAEV, La concezione di Dostoevskij, cit., p. 27.