domenica 31 ottobre 2021

ATTO FINALE

 ULLTIMO DISCORSO DI MITJA



A quel punto fu concessa la parola all'imputato stesso. Mitja si alzò, ma disse molto poco. Egli era sfinito, fisicamente e spiritualmente. L'aria energica e indipendente che aveva avuto quella mattina, entrando in aula, era quasi svanita del tutto. Sembrava che quel giorno avesse vissuto un'esperienza che gli aveva insegnato e rivelato qualcosa di molto importante che prima non conosceva. La voce si era indebolita, non gridava più come prima. Nella sua voce risuonava una nota nuova, rassegnata, di sconfitta e sottomissione. «Che cosa mi resta da dire, signori della giuria? È arrivata per me l'ora del giudizio, e sento la mano di Dio su di me! È arrivata la fine di un uomo dissoluto! Ma vi parlo come se mi confessassi a Dio: "Del sangue di mio padre, no, non sono colpevole". Lo ripeto per l'ultima volta: non sono stato io a ucciderlo! Sono stato un uomo dissoluto, ma ho amato il bene. In ogni istante della mia vita ho cercato di correggermi, ma ho vissuto al pari di una belva selvaggia. Ringrazio il procuratore, ha detto molte cose sul mio conto che io ignoravo, ma non è vero che ho ucciso mio padre, qui si è sbagliato! Ringrazio anche il mio difensore, ho pianto mentre l'ascoltavo, ma non è vero che ho ucciso mio padre, e non doveva nemmeno avanzare questa ipotesi. Quanto ai dottori, non credete loro, sono perfettamente in me, è solo che la mia anima è in pena. Se mi risparmierete, se mi lascerete andare, pregherò per voi. Sarò un uomo migliore, vi do la mia parola, Dio mi è testimone. Se mi condannerete, sarò io stesso a fracassare la mia spada sopra il mio capo e a baciarne i pezzi. Ma risparmiatemi, non privatemi del mio Dio, io mi conosco: mormorerei contro di lui. La mia anima è in pena, signori... risparmiatemi!» Per poco non cadde al suo posto, la voce gli si era rotta in gola, pronunciò a malapena l'ultima frase.


LA SENTENZA


 Ma squillò il campanello. I giurati avevano deliberato in un'ora esatta, non un minuto di più, né uno di meno. Un profondo silenzio regnò in aula non appena il pubblico fu di nuovo seduto. Ricordo il momento in cui i giurati entrarono in aula. Finalmente! Non starò a ripetere le domande nell'ordine, tanto più che me ne sono dimenticato. Ricordo soltanto la risposta alla prima e principale domanda del presidente: "Ha l'imputato commesso il delitto a scopo di rapina e con premeditazione?" (Non ricordo le parole esatte.) Seguì il silenzio assoluto. Il portavoce della giuria, l'impiegato più giovane, pronunciò con voce alta e chiara, in mezzo al silenzio di tomba dell'aula: «Sì, è colpevole!»