martedì 19 ottobre 2021

GRUSHENKA TESTIMONE

 




Venne il turno di Grušen'ka. Mi sto avvicinando a quell'episodio catastrofico che, scoppiato tutto a un tratto, forse rovinò davvero Mitja. Giacché sono convinto, come tutti del resto - tutti gli avvocati lo dissero in seguito - che se non si fosse verificato questo episodio, il criminale avrebbe potuto sperare nell'indulgenza della corte. Ma di questo parleremo dopo. 

DESCRIZIONE DI GRUSHENKA

Prima due parole sul conto di Grušen'ka. 

 Anche lei apparve in aula tutta vestita di nero con le spalle avvolte nel suo magnifico scialle nero. Ella raggiunse il banco dei testimoni con il suo passo morbido e silenzioso, ondeggiando lievemente, come fanno a volte le donne formose, e guardando diritto verso il presidente, senza girare nemmeno una volta lo sguardo né a destra né a sinistra. 

Secondo la mia opinione, ella era molto bella in quel momento e nient'affatto pallida, come assicurarono in seguito le signore. In seguito dissero pure che il suo viso aveva un'espressione concentrata e cattiva. Io penso soltanto che ella fosse irritata e penosamente consapevole degli sguardi sprezzanti e curiosi, avidi di scandalo, del nostro pubblico. 

MODO DI PORSI

Aveva un carattere fiero, che non tollerava il disprezzo, se aveva il minimo sospetto che qualcuno la disprezzasse, si infiammava immediatamente d'ira e di brama di vendetta. Insieme a questo, c'era ovviamente anche la timidezza e il pudore intimo di questa timidezza, cosicché non era strano che il suo tono mutasse di continuo: a volte iroso, sprezzante e forzatamente brusco, altre volte attraversato da una nota sincera, genuina, di autocritica e autocondanna. A volte parlava come se si stesse scagliando giù per un precipizio: " Succeda quel che succeda, lo dirò lo stesso..." 

FEDOR

Riguardo al suo rapporto con Fëdor Pavloviè, ella osservò bruscamente: «Tutte sciocchezze, è forse colpa mia se quello mi veniva dietro?» Ma poi, un momento dopo, soggiunse: «È tutta colpa mia, mi sono presa gioco dell'uno e dell'altro - sia del vecchio che di questo qui - sono stata io a condurli a questo. È accaduto tutto per colpa mia». 

SAMSONOV

In qualche modo venne fuori anche il nome di Samsonov: «Questo non riguarda proprio nessuno», replicò con un'aria di sfida insolente, «era il mio benefattore, mi aveva presa che ero scalza quando i miei mi avevano cacciata di casa». Il presidente le ricordò, con grande gentilezza, che bisognava rispondere direttamente alle domande senza scendere in particolari superflui. Grušen'ka arrossì e gli occhi le scintillarono. 

I TREMILA RUBLI DI FEDOR E SMERDJAKOV

Non aveva visto il plico con i soldi, aveva soltanto sentito dire dal "farabutto" che Fëdor Pavloviè aveva un certo plico con tremila rubli. «Solo che erano tutte stupidaggini, io ne ridevo e non sarei andata da lui per nulla al mondo...» «A chi alludevate quando avete detto "farabutto"?» «Al lacchè, a Smerdjakov, quello che ha ucciso il suo padrone e ieri si è impiccato». Naturalmente, le domandarono subito su quali basi fondasse un'accusa così decisa, ma risultò che neppure lei aveva delle basi oggettive. «È stato Dmitrij Fëdoroviè a dirmelo, credetegli. 

SU KATIA

La donna che ci ha separati lo ha rovinato, è lei la causa di tutto, ecco come stanno le cose», soggiunse Grušen'ka quasi fremendo di odio e una nota di perfidia risuonò nella sua voce. Le domandarono ancora una volta a chi si riferisse. «Ma alla signorina, a quella lì, a Katerina Ivanovna. Quella mi invitò a casa sua, mi offrì la cioccolata, mi voleva incantare. C'è ben poco vero pudore in lei, ve lo dico io...» A quel punto il presidente la interruppe con severità, chiedendole di moderare il linguaggio. Ma il cuore di quella donna gelosa aveva già preso fuoco, e ormai era pronta a precipitarsi in un baratro... 

MOKROE

 «Durante l'arresto al villaggio di Mokroe», domandò il procuratore ricordando un particolare, «tutti hanno visto e sentito quando voi, precipitandovi dall'altra camera, avete urlato: "È tutta colpa mia. Insieme saremo deportati!" Dunque sin da allora eravate convinta che fosse lui il parricida?» «Non ricordo i miei sentimenti di allora», rispose Grušen'ka, «tutti gridavano che lui aveva ammazzato il padre e allora sentii di essere io la colpevole e che lui aveva ucciso per colpa mia. Ma quando lui disse di essere innocente, io gli credetti subito e ci credo anche adesso e ci crederò sempre: non è persona che possa mentire». 

L'AVVOCATO DIFENSORE

 Toccava ora a Fetjukoviè porre le domande. Ricordo fra l'altro che pose domande su Rakitin e sui venticinque rubli "di ricompensa per aver condotto da voi Aleksej Fëdoroviè Karamazov". «E che c'è di strano che egli abbia preso i soldi?», ridacchiò Grušen'ka con perfidia sprezzante. «Veniva in continuazione a spillarmi soldi, una trentina di rubli al mese almeno, soprattutto per i suoi capricci: per mantenersi invece ne aveva a sufficienza anche senza il mio aiuto». «Che cosa vi induceva a essere così generosa con il signor Rakitin?», domandò Fetjukoviè nonostante i visibili segni di imbarazzo da parte del presidente. «Be', è mio cugino. Mia madre e sua madre sono sorelle. Solo che mi ha sempre pregato di non dirlo a nessuno qui in città, si vergogna così tanto di me». Questo nuovo fatto risultò una sorpresa per tutti, nessuno in città lo aveva mai saputo fino ad allora, neanche al monastero, neppure Mitja lo sapeva. Dicevano che Rakitin, seduto al suo posto in aula, fosse avvampato dalla vergogna. Ancor prima di entrare in aula, Grušen'ka aveva sentito che quello aveva testimoniato contro Mitja e quindi si era stizzita. Tutto il discorso che Rakitin aveva pronunciato poco prima, tutte le nobili idee, tutte le sue sortite sulla servitù della gleba e sullo sfacelo sociale della Russia - tutto questo era stato invalidato e distrutto definitivamente nell'opinione generale. Fetjukoviè era soddisfatto: Dio gliela l'aveva mandata buona un'altra volta. 

CONCLUSIONE

In generale, l'interrogatorio di Grušen'ka durò ben poco, d'altronde ella non poteva fornire nessun elemento nuovo. Ella lasciò nel pubblico un'impressione molto sgradevole. Centinaia di sguardi sprezzanti si concentrarono su di lei mentre, terminata la deposizione, prendeva posto in sala, a debita distanza da Katerina Ivanovna. Per tutto il tempo dell'interrogatorio di lei, Mitja era restato in silenzio, come impietrito, con gli occhi fissi a terra.