martedì 19 ottobre 2021

V. SECONDA TESTIMONIANZA DI KATJA: LA VENDETTA

 


Ma prima ancora che tutti si fossero calmati e ripresi, a questa scena ne seguì subito un'altra: 

Katerina Ivanovna ebbe un attacco isterico. 

Ella strillava forte, singhiozzava, ma non voleva andare via, si dibatteva, supplicava che non la conducessero via, e ad un tratto gridò al presidente: 

 «Devo fornire un'altra testimonianza, immediatamente... immediatamente! Ecco il foglio, la lettera... prendetela, leggete presto, presto! È una lettera di quel mostro, ecco: sua, sua!», e indicò Mitja.


 

«È stato lui ad ammazzare il padre, adesso lo vedrete, mi ha scritto come avrebbe ammazzato il padre! 
Mentre l'altro è malato, malato, ha la febbre cerebrale! Sono tre giorni che mi sono accorta che ha la febbre!» Ecco che cosa gridava fuori di sé. 

L'usciere prese la carta che ella protendeva verso il presidente, mentre lei, crollata sulla sedia con il volto coperto, si mise a singhiozzare in maniera convulsa e sommessa, tremando tutta e soffocando il minimo lamento per timore che la cacciassero dalla sala.

FLASH BACK






 

La carta che aveva consegnato era la lettera che Mitja le aveva spedito dalla trattoria "La capitale" e che Ivan Fëdoroviè chiamava documento di valore "matematico". 

Ahimè! Anche gli altri, come lui, ne riconobbero il valore matematico e se non fosse stato per quella lettera, forse Mitja non sarebbe stato rovinato o, per lo meno, non sarebbe stato rovinato in maniera così terribile! Lo ripeto: era difficile prendere nota di ogni dettaglio. Ancora adesso mi sembra tutto così confuso. Credo che il presidente passò quel nuovo documento alla corte, al procuratore, al difensore e ai giurati. Ricordo soltanto che iniziarono ad interrogare la teste. 

Alla domanda se si fosse calmata, che le rivolse dolcemente il presidente, Katerina Ivanovna esclamò impetuosamente: 

 «Sono pronta, sono pronta! Sono perfettamente in grado di rispondere», soggiunse, temendo, evidentemente più di ogni altra cosa, che per qualche ragione non le prestassero ascolto. 

Le chiesero di spiegarsi con maggiori dettagli: che cos'era quella lettera e in quali circostanze l'aveva ricevuta? 

 «La ricevetti alla vigilia del delitto, ma lui l'aveva scritta il giorno prima in trattoria, dunque due giorni prima di compiere il delitto: guardate, è scritta sul foglio di un conto!», gridò lei con il fiato corto. 

SOLDI E TRADIMENTO

«Allora lui mi odiava perché egli stesso aveva compiuto un'azione infame e si era messo dietro a quella canaglia... e anche perché mi doveva tremila rubli... Oh, egli era umiliato da quei tremila rubli proprio a causa della sua bassezza! Ecco che cosa era successo per via di quei tremila rubli - vi chiedo, vi supplico di starmi ad ascoltare: tre settimane prima di uccidere il padre egli venne da me una mattina. Io sapevo che gli occorreva denaro e sapevo anche per quale motivo - ecco, proprio per conquistare quella canaglia e portarla via con sé. Allora ero al corrente che lui mi aveva tradita e che mi voleva lasciare, ma fui io, io stessa a dargli quei soldi, feci finta di proporgli che li mandasse a mia sorella a Mosca e mentre glieli davo, lo guardai in faccia e gli dissi che poteva spedirli quando voleva, "anche dopo un mese". Come ha fatto, come ha fatto a non capire che gli stavo praticamente dicendo: "Hai bisogno di denaro per tradirmi con quella canaglia: eccoteli dunque, quei soldi, sono io stessa a darteli, prendili, se sei così privo d'onore da prenderli!" Volevo smascherarlo e che cosa accadde? Egli li prese, li prese e se ne andò e li sperperò con quella canaglia, laggiù, in una sola notte... Ma lui capì, lui capì che io sapevo tutto, vi assicuro che allora capì anche che, nel dargli quei soldi, lo stavo mettendo alla prova per vedere se sarebbe stato così privo d'onore da prenderli oppure no. Guardai nei suoi occhi e lui guardò nei miei e capiva tutto, tutto, eppure li prese, li prese quei soldi!» 

MITJA

 «Hai ragione, Katja!», si mise a strillare Mitja all'improvviso. 

«Ti guardavo negli occhi e capivo che mi stavi disonorando eppure li presi i tuoi soldi! 

Disprezzate questo mascalzone, disprezzatemi tutti, me lo sono meritato!»

 «Imputato», gridò il presidente, «ancora una parola e vi faccio allontanare dall'aula». 

KATJA

 «Quei soldi erano un tormento per lui», proseguiva Katja con una fretta febbrile, «egli voleva restituirmeli, voleva, questo è vero, ma quei soldi gli servivano pure per quella canaglia. Ecco che ha ammazzato pure suo padre, eppure non mi ha restituito i soldi, ma se n'è andato con lei in quel villaggio dove l'hanno catturato. Lì ha sperperato di nuovo quel denaro che aveva rubato al padre dopo averlo assassinato e, due giorni prima di uccidere suo padre, mi scrisse quella lettera, la scrisse da ubriaco, quando la vidi capii subito che l'aveva scritta per rabbia e convinto, convintissimo che non l'avrei mostrata a nessuno neanche se egli avesse ucciso. Altrimenti non l'avrebbe mai scritta! Sapeva che non avrei desiderato vendicarmi e che non lo avrei rovinato! Ma leggete, leggete con attenzione, per favore, leggete con maggiore attenzione e vedrete che nella lettera ha descritto tutto in anticipo: come avrebbe ammazzato il padre e dove quello teneva i soldi. Guardate, per favore, non lasciatevi sfuggire nulla, c'è una frase: 

Ucciderò purché Ivan se ne sia andato". 





Vuol dire che aveva già pensato in ogni dettaglio a come lo avrebbe ucciso», fece notare alla corte Katerina Ivanovna con esultanza maligna e velenosa. Oh, era evidente che aveva letto e riletto quella maledetta lettera studiandone ogni parola. 

«Se fosse stato sobrio non mi avrebbe scritto, ma guardate, è anticipato tutto per iscritto, tutto per filo e per segno come avrebbe ucciso il padre e tutto il piano che aveva in mente!» 

 Così esclamava fuori di sé, ormai incurante delle conseguenze, anche se, s'intende, le aveva previste già da un mese perché, forse, sin da allora, fremente di rabbia, fantasticava se fosse il caso o meno di leggere quella lettera al processo. Adesso era come se avesse commesso il passo fatale. Ricordo, se non erro, che la lettera fu letta ad alta voce dal cancelliere ed essa produsse un effetto travolgente. 






MITJA

A Mitja fu posta la seguente domanda: «Riconoscete questa lettera?» 

 «È mia, è mia!», esclamò Mitja. «Se fossi stato sobrio non l'avrei scritta!... 





Abbiamo avuto molti motivi per odiarci, Katja, ma ti giuro, ti giuro che, pur odiandoti, ti amavo, mentre tu non mi amavi!»

 Egli crollò sulla sedia contorcendosi le mani per la disperazione. 

NUOVO INTERROGATORIO DI KATIA

Il procuratore e il difensore cominciarono a porle domande a turno soprattutto per accertare che cosa l'avesse indotta a celare un documento di tale importanza così a lungo e a rendere la propria testimonianza, solo qualche momento prima, in un tono e con uno spirito completamente diverso.

ORGOGLIO, UMILIAZIONE, DISPREZZO 


 «Sì, sì, poco fa ho mentito, ho mentito su tutto, a dispetto della mia coscienza e del mio onore, 
ma poco fa lo volevo salvare perché mi aveva odiata e disprezzata così tanto», 

esclamò Katja come impazzita. 

«Oh, lui mi disprezzava profondamente, mi ha sempre disprezzata e sapete, sapete, mi ha disprezzata dal momento stesso in cui mi sono inginocchiata davanti a lui per quei soldi, io me ne accorsi... 

Allora lo avvertii immediatamente, ma non credetti a me stessa per molto tempo. Quante volte poi leggevo nei suoi occhi: 

"Eppure sei stata tu a venire da me, per tua stessa volontà". 

Oh, lui non ha capito, non ha capito niente del motivo per il quale mi ero precipitata da lui, 
lui è capace di sospettare soltanto bassezze! 
Egli giudicava la gente secondo il proprio metro, pensava che fossero tutti come lui», 
stridette furiosamente fra i denti Katja, ormai in preda al furore.

AVIDITA' DI MITJA 

 «E gli è venuta voglia di sposarmi solo perché avevo ricevuto un'eredità, solo per questo, solo per questo! Ho sempre avuto il sospetto che fosse per questo! 
Oh, è una bestia! È sempre stato convinto che io per tutta la vita avrei tremato di vergogna dinanzi a lui per essere andata a casa sua quella volta, e che lui avrebbe avuto il diritto di disprezzarmi per quello in eterno e, quindi, di sentirsi superiore a me, ecco perché voleva sposarmi! 
È così, è esattamente così! 
Io ho provato a conquistarlo con il mio amore, un amore senza limiti, 
ero disposta a sopportare persino il tradimento, ma lui non ha capito niente. 
Ed è forse capace di capire qualcosa? Quel mostro! 

Quella lettera io la ricevetti soltanto la sera del giorno successivo, me la portarono dalla trattoria, ma quella mattina, la mattina di quel giorno, io volevo perdonargli tutto, tutto, persino il tradimento!» 

I GIUDICI

 Naturalmente, il presidente e il procuratore cercarono di calmarla. Sono sicuro che anche loro si sentivano in imbarazzo sfruttando in quel modo il suo isterismo e ascoltando ammissioni di quel genere. Ricordo di averli sentiti dire: 

«Capiamo quanto è penoso per voi, credete, noi possiamo capire», e altre cose del genere - eppure estorsero quella testimonianza da quella donna ormai fuori di sé, in preda a un attacco isterico. 

IL RAPPORTO CON IVAN


Ella infine descrisse con un'estrema lucidità - quale spesso, sebbene a tratti, balugina persino nei momenti di tensione così intensa - come Ivan Fëdoroviè fosse quasi impazzito in quei due mesi nel tentativo di salvare "il mostro e l'assassino", suo fratello. 

«Si tormentava», esclamava lei, «voleva sempre sminuire la colpa del fratello confessando che egli stesso, per primo, non aveva amato il padre e che, forse, ne aveva persino desiderato la morte. Oh, è una coscienza profonda, profondissima! Si tormenta per la propria coscienza! Mi ha rivelato tutto, tutto, egli veniva da me e parlava con me ogni giorno, come al suo unico amico. Ho avuto l'onore di essere il suo unico amico!», esclamò ella, di punto in bianco, con una certa aria provocatoria e gli occhi scintillanti. 

LE VISITE A SMERDIAKOV

«È andato due volte da Smerdjakov. Una volta viene da me e dice: 

"Se non è stato mio fratello a uccidere, ma Smerdjakov (perché dappertutto circolava la favola che fosse stato Smerdjakov a uccidere), allora, forse, anch'io sono colpevole, perché Smerdjakov sapeva che io non amavo mio padre e forse pensava che io volessi la sua morte". 

Così estrassi quella lettera e gliela mostrai ed egli allora si convinse, senza ombra di dubbio, che fosse stato il fratello a uccidere e ne fu sopraffatto. Egli non riusciva a tollerare l'idea che suo fratello, sangue del suo sangue, fosse un parricida! È già una settimana che mi sono accorta che era malato per questo. 

Negli ultimi giorni, quando veniva a casa mia, delirava. 

Io mi accorgevo che stava uscendo di senno. Camminava e delirava, anche per strada lo hanno visto fare così. Il dottore venuto da Mosca, dietro mia richiesta, lo ha visitato due giorni fa e mi ha detto che era alle soglie di una febbre cerebrale - e tutto per colpa di quello, per colpa di quel mostro! E ieri ha appreso che Smerdjakov era morto, e la notizia lo ha così sconvolto che ne è impazzito... e tutto per quel mostro, tutto per salvare quel mostro!»

CONFESSIONI 

 Oh, parlare in quel modo e fare delle simili confessioni è possibile soltanto una volta nella vita, in punto di morte, per esempio, mentre ti conducono al patibolo. Ma un simile comportamento rientrava nel carattere di Katja ed ella si trovava proprio in uno dei suoi momenti! 

CARATTERE DI KATJA E  UNA FALSA ETICA DEL SACRIFICIO

Era la stessa impetuosa Katja che allora si era precipitata in casa di quel giovane libertino per salvare il padre, 

la stessa Katja che poco prima, davanti a tutto quel pubblico, fiera e casta, aveva sacrificato se stessa e il suo pudore verginale raccontando "quel nobile gesto di Mitja" nella speranza di poter alleviare, seppure di poco, il destino che lo attendeva. 

Ed ecco che adesso si era sacrificata nello stesso, identico modo per un altro e, forse, soltanto adesso, soltanto in quel momento, aveva sentito e si era resa conto completamente di quanto gli fosse cara quell'altra persona! Ella aveva sacrificato se stessa, terrorizzata per lui, immaginando tutto ad un tratto che egli si fosse rovinato, testimoniando di essere stato lui ad uccidere e non il fratello; si era sacrificata per salvare lui, il suo nome, la sua reputazione! 

Tuttavia le era balenato un pensiero terribile: 
aveva forse mentito contro Mitja descrivendo i precedenti rapporti intercorsi con lui? 
 Ecco la questione. 

No, no, non aveva calunniato intenzionalmente gridando che Mitja la disprezzava per quell'inchino fino a terra! 
Lo credeva fermamente, era sempre stata profondamente convinta - forse dal momento stesso in cui si era inchinata davanti a lui - 
che l'ingenuo Mitja, che pure allora la adorava, 
potesse ridere di lei e la disprezzasse. 

E soltanto per orgoglio ella si era legata a lui allora in un rapporto d'amore, isterico e lacerato, per orgoglio ferito, e quell'amore non assomigliava affatto all'amore, ma alla vendetta

Oh, forse quell'amore lacerato avrebbe potuto trasformarsi in vero amore, forse Katja non aveva desiderato altro che quello, ma con il suo tradimento Mitja l'aveva offesa nel profondo dell'anima e quell'anima non poteva perdonarlo. 

Il momento della vendetta era sopraggiunto inaspettato 
e tutto ciò che era stato accumulato così a lungo, e così dolorosamente, nel petto di quella donna offesa proruppe tutto d'un tratto e inaspettatamente. 

Ella aveva tradito, ma aveva tradito anche se stessa! 

E, naturalmente, non appena si fu sfogata, la tensione ebbe fine e un sentimento di vergogna la sopraffece. 

LA VERGOGNA
Fu ripresa da un attacco isterico, cadde a terra fra singhiozzi e strilla. La condussero fuori dall'aula. 

REAZIONE DI GRUSHENKA

 Mentre la portavano via, Grušen'ka si slanciò urlando verso Mitja con tanta rapidità che non riuscirono a trattenerla. «Mitja!», strillò. «Il tuo serpente ti ha rovinato! Ecco che vi ha mostrato la sua vera natura!», gridava ai giudici, tremante di rabbia. A un cenno del presidente la afferrarono e cominciarono a portarla fuori dall'aula. Ella non cedeva, si dibatteva e cercava di divincolarsi per tornare indietro, verso Mitja. Anche Mitja lanciò un urlo e si gettò verso di lei. Riuscirono a bloccarli entrambi.


SODDISFATTA LA CURIOSITA' DELL PUBBLICO FEMMINILE

Sì, posso ritenere che le signore che erano venute per godersi lo spettacolo fossero rimaste soddisfatte: lo spettacolo era stato veramente ricco di colpi di scena. 


Poi ricordo che si presentò il dottore venuto da Mosca. Credo che il presidente avesse mandato l'usciere a provvedere che ad Ivan Fëdoroviè fosse garantita l'assistenza medica. Il dottore riferì alla corte che il malato aveva subito un pericolosissimo attacco di febbre cerebrale e che dovevano assolutamente portarlo via d'urgenza. Alle domande del procuratore e del difensore, il dottore confermò che il paziente era andato da lui due giorni prima e che egli lo aveva avvertito dell'imminenza di una febbre cerebrale, ma quello non aveva voluto curarsi. «Le sue condizioni mentali erano decisamente anormali, egli stesso mi confessò che aveva delle allucinazioni, incontrava per strada persone già morte e ogni sera andava a trovarlo Satana», concluse il dottore. Al termine della testimonianza, l'illustre medico si allontanò. La lettera prodotta da Katerina Ivanovna fu allegata alle prove materiali. Dopo un consulto, i giudici decisero di procedere con l'istruttoria dibattimentale e di mettere agli atti anche le inattese testimonianze di Katerina Ivanovna e di Ivan Fëdoroviè.