Ma
prima ancora che tutti si fossero calmati e ripresi, a questa scena ne seguì
subito un'altra:
Katerina Ivanovna ebbe un attacco isterico.
Ella strillava
forte, singhiozzava, ma non voleva andare via, si dibatteva, supplicava che
non la conducessero via, e ad un tratto gridò al presidente:
«Devo fornire un'altra testimonianza, immediatamente...
immediatamente! Ecco il foglio, la lettera... prendetela, leggete presto,
presto! È una lettera di quel mostro, ecco: sua, sua!», e indicò Mitja.
«È
stato lui ad ammazzare il padre, adesso lo vedrete, mi ha scritto come
avrebbe ammazzato il padre!
Mentre l'altro è malato, malato, ha la febbre
cerebrale! Sono tre giorni che mi sono accorta che ha la febbre!»
Ecco che cosa gridava fuori di sé.
L'usciere prese la carta che ella
protendeva verso il presidente, mentre lei, crollata sulla sedia con il volto
coperto, si mise a singhiozzare in maniera convulsa e sommessa, tremando
tutta e soffocando il minimo lamento per timore che la cacciassero dalla
sala.
FLASH BACK
La carta che aveva consegnato era la lettera che Mitja le aveva
spedito dalla trattoria "La capitale" e che Ivan Fëdoroviè chiamava
documento di valore "matematico".
Ahimè! Anche gli altri, come lui, ne
riconobbero il valore matematico e se non fosse stato per quella lettera,
forse Mitja non sarebbe stato rovinato o, per lo meno, non sarebbe stato
rovinato in maniera così terribile! Lo ripeto: era difficile prendere nota di
ogni dettaglio. Ancora adesso mi sembra tutto così confuso. Credo che il
presidente passò quel nuovo documento alla corte, al procuratore, al
difensore e ai giurati. Ricordo soltanto che iniziarono ad interrogare la
teste.
Alla domanda se si fosse calmata, che le rivolse dolcemente il
presidente, Katerina Ivanovna esclamò impetuosamente:
«Sono pronta, sono pronta! Sono perfettamente in grado di
rispondere», soggiunse, temendo, evidentemente più di ogni altra cosa, che
per qualche ragione non le prestassero ascolto.
Le chiesero di spiegarsi con
maggiori dettagli: che cos'era quella lettera e in quali circostanze l'aveva
ricevuta?
«La ricevetti alla vigilia del delitto, ma lui l'aveva scritta il giorno
prima in trattoria, dunque due giorni prima di compiere il delitto: guardate,
è scritta sul foglio di un conto!», gridò lei con il fiato corto.
SOLDI E TRADIMENTO
«Allora lui mi
odiava perché egli stesso aveva compiuto un'azione infame e si era messo
dietro a quella canaglia... e anche perché mi doveva tremila rubli... Oh,
egli era umiliato da quei tremila rubli proprio a causa della sua bassezza!
Ecco che cosa era successo per via di quei tremila rubli - vi chiedo, vi
supplico di starmi ad ascoltare: tre settimane prima di uccidere il padre egli
venne da me una mattina. Io sapevo che gli occorreva denaro e sapevo
anche per quale motivo - ecco, proprio per conquistare quella canaglia e
portarla via con sé. Allora ero al corrente che lui mi aveva tradita e che mi
voleva lasciare, ma fui io, io stessa a dargli quei soldi, feci finta di
proporgli che li mandasse a mia sorella a Mosca e mentre glieli davo, lo
guardai in faccia e gli dissi che poteva spedirli quando voleva, "anche
dopo un mese". Come ha fatto, come ha fatto a non capire che gli stavo
praticamente dicendo: "Hai bisogno di denaro per tradirmi con quella
canaglia: eccoteli dunque, quei soldi, sono io stessa a darteli, prendili, se
sei così privo d'onore da prenderli!" Volevo smascherarlo e che cosa
accadde? Egli li prese, li prese e se ne andò e li sperperò con quella
canaglia, laggiù, in una sola notte... Ma lui capì, lui capì che io sapevo
tutto, vi assicuro che allora capì anche che, nel dargli quei soldi, lo stavo
mettendo alla prova per vedere se sarebbe stato così privo d'onore da
prenderli oppure no. Guardai nei suoi occhi e lui guardò nei miei e capiva
tutto, tutto, eppure li prese, li prese quei soldi!»
MITJA
«Hai ragione, Katja!», si mise a strillare Mitja all'improvviso.
«Ti
guardavo negli occhi e capivo che mi stavi disonorando eppure li presi i
tuoi soldi!
Disprezzate questo mascalzone, disprezzatemi tutti, me lo sono
meritato!»
«Imputato», gridò il presidente, «ancora una parola e vi faccio
allontanare dall'aula».
KATJA
«Quei soldi erano un tormento per lui», proseguiva Katja con una
fretta febbrile, «egli voleva restituirmeli, voleva, questo è vero, ma quei
soldi gli servivano pure per quella canaglia. Ecco che ha ammazzato pure
suo padre, eppure non mi ha restituito i soldi, ma se n'è andato con lei in
quel villaggio dove l'hanno catturato. Lì ha sperperato di nuovo quel
denaro che aveva rubato al padre dopo averlo assassinato e, due giorni
prima di uccidere suo padre, mi scrisse quella lettera, la scrisse da ubriaco,
quando la vidi capii subito che l'aveva scritta per rabbia e convinto,
convintissimo che non l'avrei mostrata a nessuno neanche se egli avesse
ucciso. Altrimenti non l'avrebbe mai scritta! Sapeva che non avrei
desiderato vendicarmi e che non lo avrei rovinato! Ma leggete, leggete con
attenzione, per favore, leggete con maggiore attenzione e vedrete che nella
lettera ha descritto tutto in anticipo: come avrebbe ammazzato il padre e
dove quello teneva i soldi. Guardate, per favore, non lasciatevi sfuggire
nulla, c'è una frase:
Ucciderò purché Ivan se ne sia andato".
Vuol dire che
aveva già pensato in ogni dettaglio a come lo avrebbe ucciso», fece notare
alla corte Katerina Ivanovna con esultanza maligna e velenosa. Oh, era
evidente che aveva letto e riletto quella maledetta lettera studiandone ogni
parola.
«Se fosse stato sobrio non mi avrebbe scritto, ma guardate, è
anticipato tutto per iscritto, tutto per filo e per segno come avrebbe ucciso
il padre e tutto il piano che aveva in mente!»
Così esclamava fuori di sé, ormai incurante delle conseguenze, anche
se, s'intende, le aveva previste già da un mese perché, forse, sin da allora,
fremente di rabbia, fantasticava se fosse il caso o meno di leggere quella
lettera al processo. Adesso era come se avesse commesso il passo fatale.
Ricordo, se non erro, che la lettera fu letta ad alta voce dal cancelliere ed
essa produsse un effetto travolgente.
MITJA
A Mitja fu posta la seguente
domanda: «Riconoscete questa lettera?»
«È mia, è mia!», esclamò Mitja. «Se fossi stato sobrio non l'avrei
scritta!...
Abbiamo avuto molti motivi per odiarci, Katja, ma ti giuro, ti
giuro che, pur odiandoti, ti amavo, mentre tu non mi amavi!»
Egli crollò sulla sedia contorcendosi le mani per la disperazione.
NUOVO INTERROGATORIO DI KATIA
Il
procuratore e il difensore cominciarono a porle domande a turno
soprattutto per accertare che cosa l'avesse indotta a celare un documento di
tale importanza così a lungo e a rendere la propria testimonianza, solo
qualche momento prima, in un tono e con uno spirito completamente
diverso.
ORGOGLIO, UMILIAZIONE, DISPREZZO
«Sì, sì, poco fa ho mentito, ho mentito su tutto, a dispetto della mia
coscienza e del mio onore,
ma poco fa lo volevo salvare perché mi aveva
odiata e disprezzata così tanto»,
esclamò Katja come impazzita.
«Oh, lui
mi disprezzava profondamente, mi ha sempre disprezzata e sapete, sapete,
mi ha disprezzata dal momento stesso in cui mi sono inginocchiata davanti
a lui per quei soldi, io me ne accorsi...
Allora lo avvertii immediatamente,
ma non credetti a me stessa per molto tempo. Quante volte poi leggevo nei
suoi occhi:
"Eppure sei stata tu a venire da me, per tua stessa volontà".
Oh,
lui non ha capito, non ha capito niente del motivo per il quale mi ero
precipitata da lui,
lui è capace di sospettare soltanto bassezze!
Egli
giudicava la gente secondo il proprio metro, pensava che fossero tutti
come lui»,
stridette furiosamente fra i denti Katja, ormai in preda al furore.
AVIDITA' DI MITJA
«E gli è venuta voglia di sposarmi solo perché avevo ricevuto un'eredità,
solo per questo, solo per questo! Ho sempre avuto il sospetto che fosse per
questo!
Oh, è una bestia! È sempre stato convinto che io per tutta la vita
avrei tremato di vergogna dinanzi a lui per essere andata a casa sua quella
volta, e che lui avrebbe avuto il diritto di disprezzarmi per quello in eterno
e, quindi, di sentirsi superiore a me, ecco perché voleva sposarmi!
È così, è
esattamente così!
Io ho provato a conquistarlo con il mio amore, un amore
senza limiti,
ero disposta a sopportare persino il tradimento, ma lui non ha
capito niente.
Ed è forse capace di capire qualcosa? Quel mostro!
Quella
lettera io la ricevetti soltanto la sera del giorno successivo, me la portarono
dalla trattoria, ma quella mattina, la mattina di quel giorno, io volevo
perdonargli tutto, tutto, persino il tradimento!»
I GIUDICI
Naturalmente, il presidente e il procuratore cercarono di calmarla.
Sono sicuro che anche loro si sentivano in imbarazzo sfruttando in quel
modo il suo isterismo e ascoltando ammissioni di quel genere. Ricordo di
averli sentiti dire:
«Capiamo quanto è penoso per voi, credete, noi
possiamo capire», e altre cose del genere - eppure estorsero quella
testimonianza da quella donna ormai fuori di sé, in preda a un attacco
isterico.
IL RAPPORTO CON IVAN
Ella infine descrisse con un'estrema lucidità - quale spesso,
sebbene a tratti, balugina persino nei momenti di tensione così intensa -
come Ivan Fëdoroviè fosse quasi impazzito in quei due mesi nel tentativo
di salvare "il mostro e l'assassino", suo fratello.
«Si tormentava»,
esclamava lei, «voleva sempre sminuire la colpa del fratello confessando
che egli stesso, per primo, non aveva amato il padre e che, forse, ne aveva
persino desiderato la morte. Oh, è una coscienza profonda, profondissima!
Si tormenta per la propria coscienza! Mi ha rivelato tutto, tutto, egli veniva
da me e parlava con me ogni giorno, come al suo unico amico. Ho avuto
l'onore di essere il suo unico amico!», esclamò ella, di punto in bianco, con
una certa aria provocatoria e gli occhi scintillanti.
LE VISITE A SMERDIAKOV
«È andato due volte da
Smerdjakov. Una volta viene da me e dice:
"Se non è stato mio fratello a
uccidere, ma Smerdjakov (perché dappertutto circolava la favola che fosse
stato Smerdjakov a uccidere), allora, forse, anch'io sono colpevole, perché
Smerdjakov sapeva che io non amavo mio padre e forse pensava che io
volessi la sua morte".
Così estrassi quella lettera e gliela mostrai ed egli
allora si convinse, senza ombra di dubbio, che fosse stato il fratello a
uccidere e ne fu sopraffatto. Egli non riusciva a tollerare l'idea che suo
fratello, sangue del suo sangue, fosse un parricida! È già una settimana che
mi sono accorta che era malato per questo.
Negli ultimi giorni, quando
veniva a casa mia, delirava.
Io mi accorgevo che stava uscendo di senno.
Camminava e delirava, anche per strada lo hanno visto fare così. Il dottore
venuto da Mosca, dietro mia richiesta, lo ha visitato due giorni fa e mi ha
detto che era alle soglie di una febbre cerebrale - e tutto per colpa di
quello, per colpa di quel mostro! E ieri ha appreso che Smerdjakov era
morto, e la notizia lo ha così sconvolto che ne è impazzito... e tutto per
quel mostro, tutto per salvare quel mostro!»
CONFESSIONI
Oh, parlare in quel modo e fare delle simili confessioni è possibile
soltanto una volta nella vita, in punto di morte, per esempio, mentre ti
conducono al patibolo. Ma un simile comportamento rientrava nel
carattere di Katja ed ella si trovava proprio in uno dei suoi momenti!
CARATTERE DI KATJA E UNA FALSA ETICA DEL SACRIFICIO
Era la
stessa impetuosa Katja che allora si era precipitata in casa di quel giovane
libertino per salvare il padre,
la stessa Katja che poco prima, davanti a
tutto quel pubblico, fiera e casta, aveva sacrificato se stessa e il suo pudore
verginale raccontando "quel nobile gesto di Mitja" nella speranza di poter
alleviare, seppure di poco, il destino che lo attendeva.
Ed ecco che adesso
si era sacrificata nello stesso, identico modo per un altro e, forse, soltanto
adesso, soltanto in quel momento, aveva sentito e si era resa conto
completamente di quanto gli fosse cara quell'altra persona! Ella aveva
sacrificato se stessa, terrorizzata per lui, immaginando tutto ad un tratto
che egli si fosse rovinato, testimoniando di essere stato lui ad uccidere e
non il fratello; si era sacrificata per salvare lui, il suo nome, la sua
reputazione!
Tuttavia le era balenato un pensiero terribile:
aveva forse
mentito contro Mitja descrivendo i precedenti rapporti intercorsi con lui?
Ecco la questione.
No, no, non aveva calunniato intenzionalmente
gridando che Mitja la disprezzava per quell'inchino fino a terra!
Lo
credeva fermamente, era sempre stata profondamente convinta - forse dal
momento stesso in cui si era inchinata davanti a lui -
che l'ingenuo Mitja,
che pure allora la adorava,
potesse ridere di lei e la disprezzasse.
E soltanto
per orgoglio ella si era legata a lui allora in un rapporto d'amore, isterico e
lacerato, per orgoglio ferito, e quell'amore non assomigliava affatto
all'amore, ma alla vendetta.
Oh, forse quell'amore lacerato avrebbe potuto
trasformarsi in vero amore, forse Katja non aveva desiderato altro che
quello, ma con il suo tradimento Mitja l'aveva offesa nel profondo
dell'anima e quell'anima non poteva perdonarlo.
Il momento della vendetta
era sopraggiunto inaspettato
e tutto ciò che era stato accumulato così a
lungo, e così dolorosamente, nel petto di quella donna offesa proruppe
tutto d'un tratto e inaspettatamente.
Ella aveva tradito, ma aveva tradito
anche se stessa!
E, naturalmente, non appena si fu sfogata, la tensione ebbe
fine e un sentimento di vergogna la sopraffece.
LA VERGOGNA
Fu ripresa da un attacco
isterico, cadde a terra fra singhiozzi e strilla. La condussero fuori dall'aula.
REAZIONE DI GRUSHENKA
Mentre la portavano via, Grušen'ka si slanciò urlando verso Mitja con tanta
rapidità che non riuscirono a trattenerla.
«Mitja!», strillò. «
Il tuo serpente ti ha rovinato! Ecco che vi ha
mostrato la sua vera natura!», gridava ai giudici, tremante di rabbia. A un
cenno del presidente la afferrarono e cominciarono a portarla fuori
dall'aula. Ella non cedeva, si dibatteva e cercava di divincolarsi per tornare
indietro, verso Mitja. Anche Mitja lanciò un urlo e si gettò verso di lei.
Riuscirono a bloccarli entrambi.
SODDISFATTA LA CURIOSITA' DELL PUBBLICO FEMMINILE
Sì, posso ritenere che le signore che erano venute per godersi lo
spettacolo fossero rimaste soddisfatte: lo spettacolo era stato veramente
ricco di colpi di scena.
Poi ricordo che si presentò il dottore venuto da
Mosca. Credo che il presidente avesse mandato l'usciere a provvedere che
ad Ivan Fëdoroviè fosse garantita l'assistenza medica. Il dottore riferì alla
corte che il malato aveva subito un pericolosissimo attacco di febbre
cerebrale e che dovevano assolutamente portarlo via d'urgenza. Alle
domande del procuratore e del difensore, il dottore confermò che il
paziente era andato da lui due giorni prima e che egli lo aveva avvertito
dell'imminenza di una febbre cerebrale, ma quello non aveva voluto
curarsi. «Le sue condizioni mentali erano decisamente anormali, egli
stesso mi confessò che aveva delle allucinazioni, incontrava per strada
persone già morte e ogni sera andava a trovarlo Satana», concluse il
dottore. Al termine della testimonianza, l'illustre medico si allontanò. La
lettera prodotta da Katerina Ivanovna fu allegata alle prove materiali.
Dopo un consulto, i giudici decisero di procedere con l'istruttoria
dibattimentale e di mettere agli atti anche le inattese testimonianze di
Katerina Ivanovna e di Ivan Fëdoroviè.