venerdì 5 novembre 2021

PROGETTI PER SALVARE MITJA

 






I • Piani per salvare Mitja


Cinque giorni dopo il processo di Mitja, di buon mattino, prima delle nove, 

Alëša andò da Katerina Ivanovna per prendere gli ultimi accordi riguardo a una faccenda della massima importanza per entrambi; egli aveva anche un messaggio da darle. 

Ella stava seduta a parlare con lui nella stessa stanza in cui aveva ricevuto Grušen'ka quella volta; nella camera accanto, giaceva, privo di conoscenza, Ivan Fëdoroviè, con la febbre alta. Katerina Ivanovna, subito dopo la scenata del processo, aveva ordinato che Ivan Fëdoroviè, malato e privo di conoscenza, fosse portato a casa sua, incurante dei futuri e inevitabili pettegolezzi della società e della disapprovazione generale. Una delle due parenti che vivevano con lei era partita per Mosca subito dopo quella scenata in tribunale, l'altra era rimasta. Ma anche se fossero andate via entrambe, Katerina Ivanovna non avrebbe modificato la sua decisione di prendersi cura del malato e di vegliarlo giorno e notte. Lo curavano Varvinskij e Gercenštube; il dottore di Mosca, invece, era tornato a casa rifiutando di esprimere la propria opinione riguardo al probabile esito della malattia. Gli altri dottori, dal canto loro, per quanto facessero coraggio a Katerina Ivanovna e ad Alëša, non potevano tuttavia dar loro speranze, questo era evidente. Alëša andava a trovare il fratello malato due volte al giorno. Ma questa volta aveva una questione particolarmente urgente e, per quanto prevedesse che sarebbe stato difficile affrontare l'argomento, tuttavia aveva molta fretta. Lo aspettava un altro impegno improrogabile quella mattina e doveva sbrigarsi. Era già un quarto d'ora che stavano parlando. Katerina Ivanovna era pallida e molto affaticata, ma, allo stesso tempo, si trovava in uno stato di terribile, morbosa eccitazione: aveva un presentimento del motivo per il quale, fra l'altro, Alëša si era recato da lei quella mattina. «Non vi preoccupate della sua decisione», diceva ella con ferma insistenza ad Alëša. «In un modo o nell'altro, ricorrerà a questa via d'uscita: egli deve fuggire! Quell'infelice, quell'eroe dell'onore e della coscienza - non quello, non Dmitrij Fëdoroviè, ma quell'altro, che giace oltre quella porta e che si è sacrificato per il fratello», soggiunse Katja con gli occhi che le scintillavano, «da molto tempo mi ha messa al corrente del piano di fuga. Sapete, aveva già iniziato le trattative... Ve l'ho già detto... Vedrete, accadrà con ogni probabilità, alla terza tappa a partire da qui, quando tradurranno il gruppo dei deportati in Siberia. Oh, ce ne vuole di tempo ancora! Ivan Fëdoroviè ha già fatto visita al sovrintendente della terza tappa. Solo che non sappiamo chi sarà il sovrintendente del gruppo di deportati, e non c'è modo di saperlo in anticipo. Domani, forse, vi mostrerò nei dettagli l'intero piano che mi ha lasciato Ivan Fëdoroviè alla vigilia del processo, per ogni evenienza... È stato quella sera che ci avete trovato a litigare, vi ricordate: lui stava scendendo le scale e io, vedendo voi, l'ho costretto a tornare, vi ricordate? Sapete perché stavamo litigando quella volta?» «No, non lo so», rispose Alëša.