sabato 9 ottobre 2021

LIBRO 12: 1. Il giorno fatale


ORE 10.00

IL PROCESSO INIZIA: PRIMA UDIENZA

 Il giorno seguente agli avvenimenti da me descritti, alle dieci di mattina, nel nostro tribunale distrettuale ebbe inizio la prima udienza del processo a carico di Dmitrij Karamazov. 

PREMESSA DEL NARRATORE

Mi affretto a dichiarare, e a dichiarare con enfasi, che sono lungi dal considerarmi in grado di riferire tutto quello che avvenne al processo sia riguardo ai dettagli, sia riguardo all'ordine reale degli eventi. Ho sempre l'impressione che se si volesse menzionare tutto e chiarire ogni cosa a dovere, occorrerebbe un libro intero e anche piuttosto voluminoso. Che non mi si rimproveri dunque di aver riportato solo quello che mi colpì personalmente o che mi è rimasto particolarmente impresso. Potrei aver recepito fatti secondari come fatti di primo piano o persino aver omesso i tratti più rilevanti ed essenziali... Ma del resto, mi rendo conto che farei meglio a non scusarmi. Farò quello che posso e i lettori capiranno da soli che ho fatto del mio meglio. 

SORPRESA PER L'ENORME AFFLUENZA DI PUBBLICO




 E in primo luogo, prima ancora di entrare nell'aula del processo, menzionerò ciò che in quel giorno mi stupì sopra ogni altra cosa. Del resto, non suscitò stupore soltanto in me, ma pure in tutti gli altri, come risultò in seguito. Tutti sapevano che il caso aveva suscitato un enorme interesse, tutti bruciavano dall'impazienza che il processo avesse inizio, in società quel caso era stato oggetto di conversazioni, congetture, esclamazioni, ipotesi per ben due mesi. Tutti sapevano pure che quel caso era diventato noto in tutta la Russia, eppure non immaginavamo che avesse scosso tutti e ciascuno in maniera così acuta e esasperata, non soltanto da noi, ma nel resto del paese, come risultò chiaro il giorno della prima udienza. Per quell'occasione erano arrivati ospiti non solo dalla capitale del nostro distretto, ma perfino da altre città della Russia, anche da Mosca e Pietroburgo. Erano arrivati giuristi, addirittura personalità ed anche delle signore. Era stata fatta incetta di tutti i biglietti d'ingresso disponibili. Avevano allestito persino dei posti speciali, dietro al tavolo della corte, per i visitatori più noti e importanti: era stata sistemata una fila intera di poltrone occupate da diverse personalità, il che in precedenza non era mai stato consentito da noi. 

LE SIGNORE

Particolarmente numerose erano le signore, sia della nostra città sia forestiere; penso che costituissero la metà di tutto il pubblico presente. I giuristi erano affluiti così numerosi da tutte le parti della Russia che non si sapeva nemmeno dove sistemarli, dal momento che tutti i biglietti erano stati già distribuiti, ricercati e implorati da un pezzo. 

 Vidi con i miei occhi allestire in fretta e furia in fondo all'aula, al di là della pedana, un recinto speciale dietro il quale fecero accomodare tutti i giuristi convenuti, e quelli si ritennero persino fortunati di poter stare lì, seppure in piedi, visto che per guadagnare spazio erano state levate tutte le sedie: e così gli spettatori che lì si accalcavano dovettero restare in piedi per tutto il tempo stretti come sardine, spalla a spalla.

Alcune delle signore, soprattutto tra le forestiere, fecero la loro apparizione in galleria sfarzosamente abbigliate, ma la maggior parte delle signore era incurante persino dell'abbigliamento. 

Sui loro visi si leggeva un'isterica, avida, persino morbosa curiosità. Una particolarità caratteristica di tutta quella gente riunitasi in aula, e che è degna di nota, consisteva nel fatto che - come fu osservato da molti in seguito - quasi tutte le signore, o per lo meno la stragrande maggioranza di esse, erano dalla parte di Mitja ed erano favorevoli alla sua assoluzione.

 Forse soprattutto perché egli si era fatto la reputazione di conquistatore di cuori femminili. Sapevano che sarebbero comparse due donne rivali. 

LE DUE RIVALI

In particolare una di esse, Katerina Ivanovna, suscitava l'interesse generale; sul suo conto si raccontavano molte cose straordinarie; sulla sua passione per Mitja a dispetto del delitto da questi perpetrato, si raccontavano aneddoti sbalorditivi. In particolare si menzionava l'orgoglio della giovane donna (ella non faceva visite quasi a nessuno nella nostra città), e i suoi "contatti in alto loco". Si diceva che avesse intenzione di presentare una petizione al governo per ottenere il permesso di seguire il criminale in deportazione e sposarsi con lui da qualche parte, nelle miniere, sotto terra. Con trepidazione non inferiore si attendeva l'apparizione al processo anche di Grušen'ka, in qualità di rivale di Katerina Ivanovna. Con curiosità spasmodica attendevano l'incontro delle sue rivali davanti ai giudici: l'orgogliosa ragazza aristocratica da un parte e l'"etera" dall'altra; del resto, le signore della nostra città conoscevano molto meglio Grušen'ka di Katerina Ivanovna. 

Avevano visto anche in passato la donna "che aveva portato alla rovina Fëdor Pavloviè e il suo disgraziato figlio" e tutte, quasi senza eccezioni, si meravigliavano che padre e figlio potessero aver perso la testa a quel modo "per una borghesuccia russa delle più ordinarie e, per di più, bruttina". Insomma, si faceva un gran parlare. 

LITI FAMILIARI SU MITJA

Ho saputo da fonte certa che nella nostra città si verificarono persino alcune liti familiari a causa di Mitja. Molte signore litigarono vivacemente con i loro mariti per via delle divergenze di vedute su questo raccapricciante caso ed era naturale, dopo un tale fatto, che tutti i mariti di quelle signore fossero convenuti in quell'aula non soltanto maldisposti nei confronti dell'imputato, ma persino risentiti contro di lui. E, del resto, si può affermare con sicurezza che, al contrario della componente femminile, la componente maschile del pubblico fosse prevenuta contro l'imputato. Si vedevano facce severe, accigliate, e molte addirittura piene di rancore. 

Vero è che Mitja era riuscito ad offendere personalmente molte di quelle persone durante il suo soggiorno nella nostra città. Indubbiamente, alcuni dei visitatori erano persino allegri e del tutto indifferenti, a livello personale, al destino di Mitja, ma non certo al processo in corso; attendevano con interesse l'esito del processo, e la maggioranza degli uomini desiderava decisamente la condanna del criminale, fatta eccezione forse per i giuristi, ai quali stava a cuore non tanto l'aspetto morale del caso quanto quello, diciamo cosí, di attualità giuridica. 

CURIOSITA' SULL'AVVOCATO DIFENSORE

Erano tutti eccitati per l'arrivo del famoso avvocato Fetjukoviè. Il suo talento era generalmente noto e quella non era la prima volta che veniva in provincia per assumere la difesa in casi penali così clamorosi.

. E quando la difesa era nelle sue mani, quei casi divenivano illustri in tutta la Russia e venivano a lungo ricordati. 

OSTILITA' DEL PROCURATORE IPPOLIT KIRILLOVIE

Circolavano alcuni aneddoti anche sul nostro procuratore e sul presidente del tribunale. 

Si diceva che il nostro procuratore temesse l'incontro con Fetjukoviè, che i due fossero nemici di lunga data, sin dai tempi di Pietroburgo, cioè dagli inizi della loro carriera, che il nostro permaloso Ippolit Kirilloviè, che si considerava costantemente danneggiato da qualcuno sin dai tempi di Pietroburgo per il fatto che le sue qualità non erano adeguatamente apprezzate, si fosse molto risollevato di spirito per il caso dei Karamazov e con esso sperasse addirittura di ridar vigore alla sua carriera sfiorita, 

ma quello che lo spaventava era soltanto Fetjukoviè. 

Ma riguardo al timore nei confronti di Fetjukoviè, i commenti non erano del tutto giusti. Il nostro procuratore non era tipo da abbattersi dinanzi al pericolo; al contrario, era uno di quelli per i quali la sicurezza in se stessi cresce e prende il volo proprio nella misura in cui aumenta il pericolo. 

Comunque, va detto che il nostro procuratore era troppo impulsivo e morbosamente impressionabile. A volte ci metteva tutta l'anima in un caso e lo conduceva come se tutto il suo destino e la sua fortuna dipendessero da esso. 

Nell'ambiente dei magistrati ne ridevano un po', giacché il nostro procuratore, per questa sua caratteristica, si era conquistato anche una certa notorietà: se non universale, certo superiore a quella che si poteva supporre dalla sua modesta posizione nel nostro tribunale. Soprattutto lo prendevano in giro per la sua passione per la psicologia. Secondo me, sbagliavano tutti: a me sembra che il nostro procuratore avesse una personalità e un carattere di gran lunga più profondi di quello che molti pensavano. Solo che quest'uomo cagionevole di salute non aveva saputo affermarsi nei primi passi della carriera e poi nemmeno in seguito, per il resto della sua vita. 

IL PRESIDENTE DEL TRIBUNALE

Quanto al presidente della nostra corte, di lui si può dire che era un persona raffinata, umana, esperta nella sua professione e di idee progressiste. Era abbastanza ambizioso, ma non si preoccupava molto della propria carriera. Lo scopo principale della sua vita era essere un uomo di idee avanzate. Era anche un uomo agiato e con molte relazioni sociali. Il caso Karamazov lo aveva coinvolto molto, come risultò in seguito, ma solo in senso generale. Lo interessava il fenomeno, la sua classificazione, l'angolazione dalla quale guardarlo come prodotto delle nostre condizioni sociali, come manifestazione tipica del carattere nazionale, e così via. Il suo atteggiamento riguardo all'aspetto personale del caso, riguardo alla tragedia che comportava e alle persone in essa coinvolte, a cominciare dall'imputato, era piuttosto indifferente e distratto, come, del resto, forse, era giusto che fosse.

AULA STRACOLMA

 Prima ancora che entrasse la corte, l'aula era stracolma. La nostra aula del tribunale è la migliore della città, spaziosa, dal soffitto alto, con una buona acustica. 

Alla destra dei giudici, che si trovavano su una pedana sollevata, erano stati preparati un tavolo e due file di sedie per la giuria. 

A sinistra c'era il posto dell'imputato e del suo difensore. 

Al centro dell'aula, vicino alla postazione dei giudici, c'era un tavolo con le "prove materiali". Su di esso giacevano 

la vestaglia di Fëdor Pavloviè macchiata di sangue, 

il fatale pestello di ottone, con il quale si presumeva fosse stato compiuto il delitto; 

la camicia di Mitja con la manica inzuppata di sangue; 

la sua finanziera tutta macchiata di sangue sul retro all'altezza della tasca, dove aveva infilato quella sera il fazzoletto tutto sporco di sangue; 

il fazzoletto stesso, indurito dal sangue rappreso e ormai ingiallito; 

la pistola, che Mitja aveva caricato per suicidarsi a casa di Perchotin, e che Trifon Borisoviè gli aveva sottratto alla chetichella a Mokroe; 

la busta con la scritta nella quale erano stati preparati i tremila rubli per Grušen'ka; 

il sottile nastrino rosa e molti altri oggetti che non starò qui ad elencare. 

A una certa distanza, più in là, in fondo alla sala, avevano inizio i posti per il pubblico, 

ma davanti alla balaustra c'erano alcune sedie per quei testimoni che sarebbero rimasti in aula dopo aver rilasciato la loro deposizione.