martedì 19 ottobre 2021

IV. LA FORTUNA SORRIDE A MITIA:PRIMA TESTIMONIANZA DI KATIA: L'INCHINO FINO A TERRA

 LIBRO 12 - CAPITOLO 4 - LA FORTUNA SORRIDE A MITJA

Ebbe inizio l'interrogatorio di Katerina Ivanovna.


IL PUBBLICO 

La sua apparizione fu accolta da una eccezionale reazione del pubblico in aula. Le signore afferrarono gli occhialini e i binocoli, gli uomini si agitarono, alcuni si alzarono in piedi per vedere meglio. Tutti in seguito confermarono che all'ingresso di lei Mitja si fece bianco come "un lenzuolo". 

DESCRIZIONE DI KATIA

Tutta vestita di nero, ella si avvicinò al banco dei testimoni con aria modesta, quasi timida. Dal suo viso era impossibile intuire se ella fosse agitata o meno, ma nel suo sguardo scuro e tenebroso si leggeva la sua risolutezza. È da notare che in seguito moltissimi confermarono che ella in quel momento era bella da mozzare il fiato. Incominciò a parlare con voce bassa, ma distinta, rivolgendosi all'aula intera. Si esprimeva con calma, o almeno si sforzava di essere calma. 


INTERROGATORIO

Il presidente cominciò a porle le domande in maniera cauta, estremamente deferente, come timoroso di colpire "certe corde" e rispettoso della sua profonda infelicità. 

Ma Katerina Ivanovna sin dalle prime battute dichiarò da sé con fermezza, nel rispondere a una domanda, di essere stata la fidanzata dell'imputato "fino a quando egli stesso non mi ha lasciata..." - soggiunse con voce sommessa. 

I TREMILA RUBLI

 Quando le domandarono dei tremila rubli che lei aveva affidato a Mitja perché li spedisse per posta alle sue parenti di Mosca, ella dichiarò con fermezza:

«Non gli diedi quei soldi semplicemente perché li spedisse: allora avevo il presentimento che avesse urgente bisogno di denaro... in quel momento... Gli detti quei tremila rubli alla condizione che li spedisse, se voleva, di lì a un mese. Si è tormentato invano in seguito a causa di quel debito...» 

 Non riporterò tutte le domande e tutte le risposte per filo e per segno, riferirò soltanto il succo della sua testimonianza. 

 «Ero fermamente convinta che avrebbe fatto sempre in tempo a spedire quei soldi non appena li avesse ricevuti da suo padre», proseguiva rispondendo alle domande. 

«Sono sempre stata convinta del suo disinteresse nei confronti del denaro e della sua onestà... della sua nobile onestà... in fatto di soldi. Egli era fermamente convinto che avrebbe ricevuto dal padre quei tremila rubli, me l'aveva ripetuto diverse volte. Ero al corrente che fosse in rotta con il padre, lo era sempre stato, e ancora adesso sono convinta che egli abbia subito un'ingiustizia da parte del padre. Non ricordo alcuna minaccia contro il padre da parte sua. Per lo meno, in mia presenza non ha mai detto niente, non ha mai fatto minacce. Se egli allora fosse venuto da me, l'avrei subito rassicurato sul conto di quei maledetti tremila rubli che mi doveva, ma non veniva più a trovarmi... mentre io... ero stata messa in una posizione tale... che non potevo invitarlo da me... E poi io non avevo alcun diritto di esigere il pagamento di quel debito», soggiunse ella all'improvviso e una nota risoluta risuonò nella sua voce, «io stessa una volta ricevetti da lui un prestito in denaro di molto superiore ai tremila rubli e l'accettai, malgrado allora non potessi prevedere che sarei mai stata in grado di pagargli il debito...» Nel tono della sua voce si avvertiva una sorta di sfida. 

L'INCHINO FINO A TERRA

Proprio in quel momento il turno di porre le domande passò a Fetjukoviè. 

 «Non è avvenuto qui, ma all'inizio della vostra amicizia, vero?», suggerì Fetjukoviè, sondando il terreno cautamente, dopo aver fiutato in un baleno una pista favorevole. 

(Noterò fra parentesi che nonostante il fatto che fosse stato chiamato da Pietroburgo anche da Katerina Ivanovna, egli non sapeva niente dei cinquemila rubli che Mitja le aveva dato in quell'altra città e dell'"inchino fino a terra". Ella non gliel'aveva raccontato, gliel'aveva tenuto nascosto! E questo era sorprendente. Si può supporre con una certa sicurezza che ella stessa fino all'ultimo momento non sapeva se avrebbe raccontato o meno quell'episodio in tribunale e aspettava una sorta di ispirazione.) 

 No, non scorderò mai quei momenti! Ella cominciò a raccontare, raccontò tutto, l'intero episodio, per filo e per segno, lo stesso che Mitja aveva raccontato ad Alëša, sia l'"inchino fino a terra", sia le cause, sia di suo padre e della visita a Mitja, ma non fece parola, non fece nemmeno accenno al fatto che Mitja, per mezzo di sua sorella, aveva lui stesso proposto "di mandare da lui Katerina Ivanovna a prendere i soldi". Ella lo nascose magnanimamente e non si vergognò di rivelare che ella, ella in persona si era recata quella volta da un giovane ufficiale, di sua iniziativa, facendo affidamento su... per chiedergli dei soldi. 

IL SACRIFICIO DELLA REPUTAZIONE PER SALVARE MITJA

Fu qualcosa di tremendo. Io raggelavo e tremavo udendo che l'aula era zittita per cogliere ogni singola parola. Si trattava di qualcosa di inaudito: persino da parte di una ragazza così imperiosa e sprezzantemente orgogliosa come lei, era quasi impossibile aspettarsi una testimonianza così franca, un tale sacrificio e una tale autoimmolazione. 

E per che cosa? Per chi? Per salvare l'uomo che l'aveva tradita, offesa, per dare un contributo, seppure minimo, alla sua salvezza, per creare una buona impressione sul suo conto. E infatti: l'immagine dell'ufficiale che cede i suoi ultimi cinquemila rubli - tutto quello che gli rimaneva nella vita - e si inchina rispettosamente dinanzi all'innocente ragazza, risultò estremamente simpatica e accattivante, ma... mi si strinse forte il cuore! 

LE CALUNNIE DEI BENPENSANTI

Sentivo che in seguito sarebbe potuta nascere la calunnia (come in effetti accadde)! In seguito per tutta la città si disse, con una risatina perfida, che il racconto, forse, non era esatto al cento per cento, proprio nel punto in cui l'ufficiale lasciava andare la fanciulla "soltanto con un inchino rispettoso". Allusero al fatto che a questo punto si fosse "omesso" qualcosa. "E ammesso pure che non abbia omesso nulla, ammesso pure che questa sia la verità", dicevano anche le dame più rispettabili della nostra città, "anche in quel caso non si sa se sia davvero decoroso per una ragazza comportarsi in questa maniera, anche se allo scopo di salvare il padre". Ed era mai possibile che Katerina Ivanovna, con la sua intelligenza e con la sua perspicacia morbosa, non avesse previsto che sarebbero iniziate chiacchiere su quel tono? Senza dubbio lo aveva previsto, eppure aveva deciso di dire tutto! S'intende, tutti questi volgari sospetti sulla sincerità del suo racconto cominciarono soltanto dopo, ma sulle prime tutti ne furono impressionati. 

RISPETTO DEI GIUDICI E DEGLI AVVOCATI

Quanto ai giudici e agli avvocati, essi ascoltarono Katerina Ivanovna in riverente, quasi pudico silenzio. 

Il procuratore non si permise più nessuna domanda sul tema. 

Fetjukoviè le fece un profondo inchino. Oh, egli era esultante! Aveva guadagnato molto terreno: un uomo che, in un impeto di generosità, cede i suoi ultimi cinquemila rubli e lo stesso uomo che uccide nottetempo il padre allo scopo di derubarlo di tremila rubli - questa era un'idea piuttosto incongruente. Fetjukoviè si rese conto che a questo punto avrebbe potuto far cadere quanto meno l'accusa di furto. Sul "caso" era stata gettata una luce completamente nuova. 

MITJA

C'era un'ondata di simpatia nei confronti di Mitja. Quanto a lui... mi hanno riferito che una volta o due, mentre Katerina Ivanovna rendeva la sua testimonianza, egli balzò in piedi, poi ricadde nuovamente sulla sua panca e si coprì il volto con entrambe le mani. Ma quando ella ebbe concluso la sua deposizione, egli esclamò con voce rotta dal pianto e le braccia tese verso di lei: 

 «Katja, perché mi hai rovinato?» E per tutta l'aula si udirono i suoi singhiozzi. Ma in un attimo riacquistò il controllo di sé e gridò ancora: «Ora sono condannato!» Poi rimase quasi impietrito, seduto al proprio posto, a denti stretti e con le braccia conserte. 

Katerina Ivanovna rimase in sala e si sedette al posto che le venne indicato. Era pallida e sedeva a capo chino. Quelli che le stavano seduti a fianco raccontarono che tremò a lungo, come in preda alla febbre. 

Venne il turno di Grušen'ka.