venerdì 5 novembre 2021

KATJA FA VISITA A MITJA IN CARCERE






«Alëša, finiscimi in questo momento!», esclamò egli all'improvviso. «Verrà lei adesso o non verrà? Dimmelo! Che cosa ha detto? Con che tono l'ha detto?» 

 «Ha detto che sarebbe venuta, ma non so quando. È penoso per lei!», e Alëša guardò timidamente il fratello. 

 «Ci mancherebbe che non lo fosse, ci mancherebbe che non le fosse penoso! Alëša, questo mi farà impazzire! Gruša continua ad osservarmi. Comprende tutto. Dio mio, da' pace al mio cuore: che cosa voglio? Voglio Katja! Lo capisco io che cosa voglio? È la malefica sfrenatezza karamazoviana! Io non sono fatto per soffrire! Sono un mascalzone, non c'è nient'altro da dire!» 

 «Eccola!», esclamò Alëša. 

 In quel momento, Katja era apparsa sulla soglia. Per un istante si era soffermata a guardare Mitja con gli occhi smarriti. 

Quello scattò impulsivamente ai suoi piedi, il suo viso aveva un'espressione impaurita, si era fatto pallido, ma ad un tratto un timido sorriso implorante affiorò sulle sue labbra e, all'improvviso, mosso da un impulso irresistibile, egli protese entrambe le mani verso Katja. 

Nel vedere questo, Katja si slanciò impetuosamente verso di lui. Ella lo afferrò per le mani e lo fece sedere sul letto quasi con la forza, poi si sedette accanto, e senza lasciargli le mani, gliele stringeva forte, convulsamente. Più di una volta tutti e due furono sul punto di parlare, si bloccavano e continuavano a guardarsi in silenzio con uno strano sorriso, come incatenati l'uno all'altro. Passarono così un paio di minuti. 

 «Mi hai perdonato?», balbettò finalmente Mitja; in quel momento stesso si rivolse ad Alëša con il volto trasfigurato dalla gioia e gli gridò: «Hai sentito quello che le sto domandando? Hai sentito?» 

 «Per questo io ti ho amato, per la generosità del tuo cuore!», disse Katja ad un tratto. «E non sono io che devo perdonare te, ma sei tu che devi perdonare me; comunque, che tu mi perdoni o no, rimarrai sempre una ferita nella mia anima, per tutta la mia vita, e io nella tua - così deve essere...», ella smise di parlare per riprendere fiato. «Per quale motivo sono venuta?», riprese a parlare in fretta, freneticamente. «Per abbracciare i tuoi piedi, per stringere le tue mani, così, fino a farti male - ti ricordi, come te le stringevo a Mosca? - per dirti ancora una volta che tu sei il mio Dio, la mia gioia, per dirti che ti amo alla follia», ella gemette per l'angoscia e all'improvviso si premette avidamente la mano di lui alle labbra. Le lacrime sgorgavano dai suoi occhi. 

 Alëša stava in piedi, in silenzio, confuso; non si sarebbe mai aspettato quella scena. 

 «L'amore è finito, Mitja!», riprese a dire Katja. «Ma quel passato mi è tanto caro da farmi soffrire. Sappi che sarà sempre così. Ma adesso, per un minutino, facciamo in modo che sia come avrebbe dovuto essere», balbettava lei con un sorriso forzato, guardandolo negli occhi un'altra volta con gioia. 

«Tu ami un'altra donna e io amo un altro uomo, eppure ti amerò in eterno, e anche tu amerai me, lo sapevi questo? Mi senti? Amami, amami per tutta la vita!», gridò con un fremito quasi minaccioso nella voce. 

 «Ti amerò e... sappi, Katja», cominciò a dire Mitja prendendo fiato ad ogni parola, «sai, quella sera, di cinque giorni fa, io ti amavo... Quando sei caduta e ti hanno portata via... Per tutta la vita! E così sarà, così sarà in eterno!» 

Così tutti e due si mormoravano parole frenetiche, quasi senza senso, forse anche non vere, ma in quel momento era tutto vero e tutti e due credevano ciecamente a quello che dicevano. 

 «Katja», esclamò d'un tratto Mitja, «tu credi che io abbia ucciso? Lo so che adesso non ci credi, ma allora... quando hai testimoniato... Ci credevi, ci credevi forse?» 

 «Anche allora non ci credevo! Non ci ho mai creduto! Ti odiavo, per questo me ne ero convinta all'improvviso, per un momento... Mentre testimoniavo, me ne ero convinta e ci credevo, ma quando ho finito di parlare, ho smesso di crederci all'istante. Sappilo questo! Avevo dimenticato che ero venuta qui per punire me stessa!», disse poi con una nuova intonazione nella voce, completamente diversa dal balbettio amorevole di appena un attimo prima. 

 «Donna, tu sei in pena!», disse Mitja ad un tratto, quasi involontariamente. 

 «Fammi andare», mormorò lei. «Tornerò ancora. Adesso è troppo penoso!...»