venerdì 12 novembre 2021

XIII • Un sofista


 

XIII • Un sofista

 «Non è soltanto la mole degli indizi a rovinare il mio cliente, signori della giuria», proclamò, «no, quello che rovina realmente il mio cliente è solo un fatto: il cadavere del suo anziano genitore! Se si fosse trattato di un caso di omicidio di ordinaria amministrazione, respingereste l'accusa in considerazione dell'inconsistenza, dell'infondatezza e dell'assurdità dei fatti presi uno per uno, separatamente, o almeno esitereste a rovinare il destino di un uomo per mero pregiudizio nei suoi confronti, pregiudizio che egli - ahimè - si è pienamente meritato! Ma qui non si tratta di un semplice omicidio, ma di un parricidio! Questo delitto ispira soggezione al punto che l'inconsistenza e l'infondatezza stesse degli indizi a carico diventano meno inconsistenti e infondati persino nella mente meno prevenuta. Come assolvere un tale imputato? E se avesse davvero commesso l'omicidio e rimanesse impunito - ecco quello che sente ciascuno nel proprio cuore, quasi inconsciamente, istintivamente. Sì, è una cosa terribile versare il sangue paterno, il sangue di colui che mi ha dato la vita, di colui che mi ha amato, il sangue di colui che non ha risparmiato la sua vita per amor mio, che è stato male quando io mi ammalavo, sin da quando ero piccolo, che ha patito per rendermi felice e ha vissuto solo della mia gioia, dei miei successi! Oh, uccidere un simile padre è inconcepibile! Signori giurati, che cosa è un padre, un vero padre? Qual è il significato di questa parola così sublime? Qual è l'idea sublime in essa contenuta? Abbiamo appena indicato, almeno in parte, che cos'è un vero padre e come dovrebbe essere. Nel presente caso, nel quale siamo tutti così presi, per il quale i nostri cuori soffrono, nel presente caso, dicevo, il defunto Fëdor Pavloviè Karamazov non corrispondeva minimamente a quel concetto di padre che or ora si è affacciato al nostro cuore. Questa è la disgrazia. E infatti alcuni padri sono proprio una disgrazia. Prendiamo in esame questa disgrazia più da vicino: non dobbiamo arretrare davanti a nulla, signori della giuria, vista la decisione che vi tocca prendere. Soprattutto, non dobbiamo arretrare adesso e, per così dire, ricacciare certe idee, come bambini o donne timorose, secondo la felice espressione dell'abilissimo pubblico ministero. Ma nella sua ardente arringa il mio stimato avversario - avversario ancor prima che pronunciassi una sola parola - ha più volte esclamato: "No, non affiderò a nessuno la difesa dell'accusato, non cederò la sua difesa all'avvocato giunto da Pietroburgo, io sono l'accusa e pure la difesa!" Questo lo ha dichiarato più volte, eppure si è dimenticato di menzionare che se questo terribile imputato è stato capace, per ben ventitré anni, di serbare riconoscenza per una sola libbra di nocciole donatagli dall'unica persona che era stata gentile con lui, quando egli era ancora un bambino nella casa paterna, una siffatta persona non può aver dimenticato, in quei ventitré anni, di aver scorrazzato a piedi nudi "nel cortile sul retro della casa paterna, senza stivaletti, e con i calzoncini retti da un solo bottone", secondo la testimonianza del dottor Gercenštube, persona di grande umanità. Signori della giuria, a che scopo esaminare più da vicino questa "disgrazia" e ripetere quello che tutti sanno già! Che cosa ha trovato il mio cliente, una volta giunto da suo padre? E perché dipingere il mio cliente come un insensibile egoista, un mostro? Egli è sfrenato, selvaggio, violento, e noi lo stiamo giudicando per questo, ma chi è responsabile del suo destino, chi è responsabile del fatto che, nonostante le buone inclinazioni e il suo nobile e sensibile cuore, egli abbia ricevuto un'educazione così disdicevole? Qualcuno gli ha forse insegnato il buon senso, gli ha illuminato la mente con lo studio, lo ha amato, anche solo un pochino, nella sua infanzia? Il mio cliente è cresciuto grazie alla protezione della Provvidenza, vale a dire come una fiera selvaggia. Forse egli era animato da un vivo desiderio di vedere suo padre dopo tanti anni di lontananza; forse, ricordando la propria infanzia come in un sogno, migliaia di volte aveva ricacciato i rivoltanti fantasmi che lo perseguitavano da piccolo, e con tutta l'anima aveva desiderato di perdonare e abbracciare il padre! E invece che cosa lo aspetta? Viene accolto unicamente da cinici scherni, sospetti e cavilli riguardo al denaro oggetto di contesa; egli non ode altro che conversazioni e massime che danno il voltastomaco, pronunciate quotidianamente, "sorseggiando un cognacchino" e, infine, vede suo padre che tenta di soffiare l'amante a lui, a suo figlio, con i soldi del figlio! Oh, signori della giuria, questo è rivoltante e crudele! E quel vecchio si lamenta con tutti della mancanza di rispetto e della crudeltà del figlio, lo svergogna in pubblico, lo danneggia, lo calunnia, raccoglie le sue cambiali per mandarlo in galera! Signori giurati, queste anime, questi uomini violenti, sfrenati, dal cuore apparentemente crudele, come il mio cliente, hanno a volte - e questo accade molto di frequente in realtà - un cuore tenero, solo che non lo danno a vedere. Non ridete, non ridete a questo mio pensiero! Il mio abile opponente, poco fa, ha riso spietatamente sul conto del mio cliente menzionando la sua passione per Schiller, per "il bello e il sublime". Io non avrei riso di questo se fossi stato al suo posto, al posto dell'accusa! Sì, questi cuori - lasciate che assuma la difesa di questi cuori così spesso e così ingiustamente fraintesi - questi cuori spesso bramano la tenerezza, la bellezza, la giustizia, come in contrasto con se stessi, con la loro violenza, la loro crudeltà - bramano questi valori inconsciamente, ma li bramano davvero. Passionali e crudeli in superficie, essi, per esempio, sono capaci di amare fino alla sofferenza una donna e di amarla di un amore spirituale ed elevato. Ancora una volta, non ridete di me, ciò accade molto spesso a tali nature! Solo che non riescono a nascondere le loro passioni - a volte molto rozze - ed è questo che salta agli occhi, che viene notato, mentre l'interiorità di quegli uomini rimane celata. E invece le loro passioni si esauriscono rapidamente, invece accanto a una creatura elevata e meravigliosa, quegli uomini apparentemente rozzi e crudeli cercano la rigenerazione, l'occasione di emendarsi, di migliorare, di diventare nobili e onesti, "nobili e meravigliosi", per quanto questa espressione possa apparire ridicola. Ho appena detto che non mi sarei permesso di sfiorare la storia d'amore del mio cliente con la signorina Verchovceva, tuttavia una mezza parolina la potrei dire. Quello che abbiamo poc'anzi ascoltato non era una testimonianza, ma solo il grido frenetico di una donna assetata di vendetta, e non stava a lei - oh, no, non stava a lei - accusare lui di tradimento, perché è stata lei stessa a tradire lui per prima! Se avesse avuto un po' di tempo per pensarci, non avrebbe mai reso una tale testimonianza. Oh, non credetele! No, il mio cliente non è un mostro, come lo ha definito lei! Colui che fu crocifisso e amava l'umanità, alla vigilia della Sua crocifissione disse: "Io sono il buon pastore. Il buon pastore dà la vita per le sue pecorelle affinché nessuna di esse possa smarrirsi". Neanche noi dobbiamo permettere che l'anima di un uomo possa smarrirsi! Mi sono appena domandato che cosa sia un padre e ho esclamato che questa è una parola sublime, un nome prezioso. Ma le parole, signori giurati, vanno usate onestamente e io mi azzardo a chiamare le cose con il loro nome, con la propria denominazione: un padre come il vecchio Karamazov assassinato non può essere chiamato padre, non è degno di questo nome. L'amore filiale per un padre indegno è una cosa assurda, impossibile. L'amore non può essere creato dal nulla: solo Dio può creare dal nulla. "Padri, non esacerbate i vostri figli", scrive l'apostolo con il cuore infiammato d'amore. Non è a beneficio del mio cliente che cito queste sacre parole, ma le ricordo per tutti i padri. Chi mi ha autorizzato a predicare ai padri? Nessuno, faccio il mio appello come uomo e cittadino, vivos voco! Il nostro è solo un breve passaggio su questa terra, commettiamo molte azioni malvagie e pronunciamo molte parole cattive! Allora, cogliamo questo momento buono in cui ci troviamo tutti insieme per dire l'uno all'altro una buona parola. Ecco quello che sto facendo: dal momento che mi trovo qui, sfrutterò l'opportunità che ho. Non per nulla ci è stata concessa questa tribuna dalle più alte autorità: la Russia intera ci sta ascoltando! Non sto parlando solo per i padri qui presenti, ma a tutti i padri io grido: "Padri, non esacerbate i vostri figli!" Sì, adempiamo prima noi all'ammonimento di Cristo: solo allora potremo permetterci di esigere la stessa cosa dai nostri figli. Altrimenti non siamo dei padri, ma dei nemici per i nostri figli, e loro non sono i nostri figli, ma i nostri nemici, e siamo stati noi a renderli tali. "Con la misura con la quale avrete misurato, sarà misurato anche a voi", non sono io a dirlo, questo è un precetto del Vangelo, misura con lo stesso metro con il quale misurano te. Come possiamo biasimare i nostri figli se misurano noi secondo la nostra stessa misura? Non molto tempo fa, in Finlandia, una fanciulla, una serva, è stata sospettata di aver dato segretamente alla luce un bambino. Cominciarono a sorvegliarla e in un angolo del solaio, dietro un mucchio di mattoni, trovarono il suo baule, della cui esistenza nessuno era al corrente, lo aprirono e vi trovarono il cadavere del suo figlioletto neonato che lei stessa aveva ucciso. Nello stesso baule trovarono pure i cadaveri di altri due bimbi che la donna aveva partorito e che lei aveva soppresso appena nati; fu lei stessa a confessarlo. Signori della giuria, era quella una madre per i suoi figli? Sì, è vero, li aveva generati lei, ma era una madre per loro? Qualcuno di noi oserebbe chiamarla con il sacro nome di madre? Su, siamo coraggiosi, signori della giuria, siamo persino audaci, è quasi un obbligo per noi esserlo in un momento simile e non avere timore di certi pensieri e di certe parole, come fanno le mercantesse moscovite che temono il "metallo" e lo "zolfo". No, diamo la dimostrazione che il progresso degli ultimi anni ha coinvolto anche noi, e diciamolo apertamente che colui che genera un figlio non è ancora un padre, un padre è colui che genera un figlio e se rende degno. Oh, certo, esiste anche un altro significato, un'altra interpretazione della parola "padre" secondo la quale un padre, anche se è un mostro, anche se è un nemico per i propri figli, resta pur sempre un padre per il semplice fatto di aver dato la vita ai suoi figli. Ma questo è, diciamo così, il significato mistico che non arrivo a comprendere con il mio intelletto, ma che posso solo accettare per fede, o, per meglio dire, sulla parola, al pari di molte altre cose che non comprendo ma nelle quali la religione mi impone di credere. Ma in questo caso, è qualcosa che deve rimanere fuori dalla vita reale. Nella sfera della vita reale, che ha, invero, i propri diritti, ma che pure ci impone grandi doveri e obblighi, in quella sfera, se vogliamo essere umani - e, diciamo pure, cristiani - noi dobbiamo, e siamo tenuti, ad agire unicamente secondo convinzioni giustificate dalla ragione e dall'esperienza, e che siano passate attraverso il crogiolo dell'analisi; insomma noi dobbiamo agire secondo ragione, non irrazionalmente, e non come in un sogno o nel delirio, al fine di non arrecare danno a un uomo, di non farlo soffrire e non sopprimere un essere umano. Ecco, quella sarebbe una vera azione cristiana, e non soltanto mistica, quella sarebbe un'azione razionale e autenticamente filantropica...» A questo punto in più parti dell'aula si udirono applausi scroscianti, ma Fetjukoviè agitò le mani come per implorare che lo lasciassero finire senza interruzioni. Nell'aula calò subito il silenzio assoluto. L'oratore proseguì. «Signori della giuria, voi credete che simili questioni possano sfuggire ai nostri figli - nel caso siano già grandicelli e in grado di ragionare? No, non è possibile e noi non possiamo pretendere da loro una moderazione impossibile! La vista di un padre indegno, soprattutto se confrontato con i padri, degni, degli altri ragazzi coetanei, inconsapevolmente suggerisce al giovane interrogativi inquietanti. La risposta che convenzionalmente viene data a questi interrogativi è la seguente: " Egli ti ha dato la vita, tu sei sangue del suo sangue, e quindi devi amarlo". Il giovane inconsapevolmente comincerà a riflettere: "Ma egli mi amava quando mi ha dato la vita?", si domanderà sempre più perplesso. "È stato per amor mio che mi ha generato? Egli non mi conosceva, ignorava persino il mio sesso in quel momento, in quel momento di passione, con la mente annebbiata dal vino forse, e mi ha solo trasmesso un'inclinazione al bere - ecco tutto quello che ha fatto per me... Dovrei amarlo per il solo fatto che mi ha dato la vita, quando non glien'è importato niente di me per tutto il resto della vita?" Forse, queste mie domande vi sembreranno brutali, crudeli, ma non potete esigere da una giovane mente una moderazione impossibile: "Se cacci la natura dalla porta, quella rientrerà dalla finestra", e, soprattutto, soprattutto, non dobbiamo temere il "metallo" e lo "zolfo", ma risolvere la questione così come prescrivono la ragione e l'amore per l'umanità, e non come prescrivono le concezioni mistiche. Come dovremmo risolverla allora? Ecco come: che il figlio vada dinanzi al padre e gli domandi: "Padre, dimmi: perché dovrei amarti? Padre, dimostrami che io sono tenuto ad amarti". E se quel padre sarà in grado di rispondere e di dargli una buona ragione, allora ci troviamo in presenza di una vera famiglia normale, che non si fonda su un pregiudizio mistico, ma su principi razionali, responsabili e rigorosamente umanitari. In caso contrario, se il padre non sarà in grado di dare una risposta, sarà la fine per quella famiglia: quello non è un padre e il figlio acquisirà la libertà e il diritto, da quel momento in poi, di considerarlo un estraneo e persino un nemico. La nostra tribuna, signori della giuria, deve essere una scuola di verità e di sani principi». A questo punto l'oratore fu interrotto da un battimano incontenibile e quasi frenetico. Naturalmente, non tutto il pubblico stava applaudendo, ma una buona metà. I padri e le madri presenti applaudivano. Dalla galleria, dove sedevano le signore, si udivano strilli ed esclamazioni. C'era un gran sventolio di fazzoletti. Il presidente cominciò a scampanellare con tutta la forza che aveva. Era palesemente irritato dal comportamento del pubblico, ma non si azzardava a sgomberare l'aula, come aveva minacciato. Applaudivano e sventolavano i fazzoletti all'indirizzo dell'oratore anche alcuni fra i notabili, seduti in quei posti speciali alle spalle della corte, persone di una certa età con tanto di stelle sulla marsina, tanto che, quando il fracasso si fu acquietato, il presidente della corte si limitò a ripetere la sua severa minaccia di far sgomberare l'aula e Fetjukoviè, eccitato e trionfante, continuò il suo discorso. «Signori della giuria, vi ricordate quella terribile notte, della quale si è tanto parlato oggi, in cui il figlio s'introdusse in casa del padre, scavalcando lo steccato e venne a trovarsi, infine, faccia a faccia con colui che lo aveva generato, il suo nemico e oltraggiatore. Lo ribadisco con tutte le mie forze: egli non era corso a casa del padre per via dei soldi, l'imputazione di furto è assurda, come ho avuto modo di dimostrare in precedenza. E non fu nemmeno allo scopo di uccidere che egli fece irruzione in casa del padre! Se avesse avuto quell'intenzione, egli avrebbe almeno avuto la precauzione di armarsi con anticipo; invece egli afferrò il pestello di ottone istintivamente, senza sapere neanche lui il motivo. Ammettiamo pure che egli abbia ingannato il padre con quei segnali, ammettiamo che egli sia penetrato in casa - ho già detto che non ho creduto per un solo istante a questa storia - ma ammettiamo che sia andata in questo modo. Signori della giuria, vi giuro su tutto quello che c'è di sacro, se non si fosse trattato di suo padre, ma di una persona qualsiasi che lo avesse oltraggiato, egli, dopo aver fatto il giro delle stanze ed essersi accertato che quella donna non fosse lì, sarebbe scappato via a rotta di collo, senza arrecare alcun danno al suo rivale; forse lo avrebbe anche colpito, spinto da una parte, ma niente di più, giacché non aveva né tempo né voglia di farlo: quello che voleva era solo sapere se lei fosse lì. Ma quello era il padre, suo padre - oh, in quel momento contò soltanto che fosse suo padre, l'uomo che lo aveva odiato sin da quando era bambino, che era stato il suo nemico, il suo persecutore e adesso il suo mostruoso rivale! Un sentimento d'odio lo sopraffece involontariamente, irresistibilmente, gli annebbiò la mente: tutto insorse in un momento! Fu un impulso di follia e demenza, ma anche un impulso della natura che vendicava, irresistibilmente e inconsciamente - come ogni cosa nella natura - la violazione delle sue leggi eterne. Ma neppure allora egli lo uccise - io lo affermo e lo grido ad alta voce ! - no, egli si limitò a brandire il pestello in un accesso di disgustata indignazione, senza avere l'intenzione di uccidere, senza sapere che l'avrebbe ucciso. Se non avesse avuto quel fatale pestello in mano, forse, avrebbe semplicemente atterrato suo padre, ma non l'avrebbe ucciso. Mentre fuggiva, egli non sapeva di aver ucciso il vecchio che aveva atterrato. Questo omicidio non è un omicidio. Questo omicidio non è un parricidio. No, l'omicidio di un siffatto padre, non si può chiamare parricidio. Un simile omicidio può essere assimilato a un parricidio solo per pregiudizio! Ma mi appello ancora una volta a voi, dal profondo della mia anima; ebbe davvero luogo quell'omicidio? Signori della giuria, se noi lo giudicheremo colpevole, egli dirà: "Questi uomini non hanno fatto nulla per il mio destino, per la mia crescita, niente per insegnarmi qualcosa, per rendermi migliore, per fare di me un uomo. Questi uomini non mi hanno dato da bere e da mangiare, e quando ero nudo, in prigione, non mi hanno fatto visita, eppure mi hanno mandato ai lavori forzati. Siamo pari adesso, adesso non devo loro più nulla, e non devo più nulla a nessuno, nei secoli dei secoli. Essi sono cattivi, e anch'io sarò altrettanto. Essi sono crudeli, e anch'io sarò crudele!" Ecco quello che dirà, signori giurati. E giuro che, con la vostra condanna, non farete che facilitargli il compito: alleggerirete la sua coscienza, egli maledirà il sangue da lui versato, e non lo rimpiangerà. Allo stesso tempo, voi sopprimerete in lui la possibilità di essere ancora un uomo, giacché egli rimarrà cattivo e cieco per tutta la vita. Ma volete forse condannarlo spaventosamente, terribilmente, con la punizione più terribile che si possa immaginare, e allo stesso tempo salvarlo e rigenerare la sua anima per sempre? Se è così, soffocatelo con la vostra misericordia! Voi credete, sentirete come la sua anima trasalirà e rimarrà atterrita. "Come posso sopportare questa misericordia? Come posso sopportare tanto amore? Me lo merito io?" Ecco quello che esclamerà! Oh, io conosco, conosco quel cuore, quel cuore selvaggio, ma nobile, signori della giuria. Esso si inchinerà davanti al vostro gesto, esso bramerà un sublime atto d'amore, esso s'infiammerà e risorgerà per sempre. Ci sono anime che, nella loro grettezza, accusano tutto il mondo. Se soffocherete la sua anima con la misericordia, se le darete una dimostrazione di amore, essa maledirà il suo operato, giacché in essa vi sono molti buoni impulsi. Quell'anima si schiuderà e vedrà che Dio è misericordioso e che gli uomini sono buoni e giusti. Quell'uomo sarà atterrito; egli sarà schiacciato dal rimorso e dal debito sconfinato che gli sta dinanzi d'ora in avanti. E allora non dirà: "Siamo pari", ma dirà: "Sono colpevole davanti a tutti gli uomini e sono il più indegno di tutti". Con lacrime di pentimento e di cocente, dolorosa commozione egli esclamerà: "Gli altri uomini sono migliori di me, essi hanno voluto salvarmi e non rovinarmi!" Oh, è così facile per voi compiere questo atto di misericordia, dal momento che, in assenza di alcuna prova reale, sarebbe troppo spaventoso pronunciare il verdetto: "Sì, egli è colpevole!" Meglio assolvere dieci colpevoli che punire un solo innocente! La sentite, la sentite quella voce maestosa che ci giunge dal secolo passato della nostra gloriosa storia? Tocca forse a una persona insignificante come me ricordare a voi che il compito della giustizia russa non è solo quello di stabilire il castigo, ma anche quello di salvare e rigenerare gli uomini caduti? Lasciamo che siano le altre nazioni ad attenersi al castigo e alla lettera della legge, mentre noi ci atterremo al suo spirito e al significato, alla salvezza e alla rigenerazione degli uomini caduti! E se è così, se la Russia e la sua giustizia sono davvero così, allora avanti tutta, Russia, e non cercate di spaventarci, non cercate di spaventarci con le vostre folli trojke davanti alle quali si fanno da parte con disgusto gli altri popoli! Non una trojka scatenata, ma la maestosa carrozza russa incederà, composta e trionfale, verso la sua meta. Nelle vostre mani è il destino del mio cliente, nelle vostre mani è anche il destino della giustizia russa! Voi la salverete, voi la difenderete, voi dimostrerete che ci sono uomini a guardia di essa, che essa è in buone mani!»