venerdì 5 novembre 2021

MITJA TEME LA DEPORTAZIONE


 


Seguì il silenzio. Qualcosa di molto importante tormentava Mitja. 

 «Alëša, io amo da morire Grušen'ka», disse ad un tratto con voce tremante e rotta dalle lacrime. 

 «Non le permetteranno di venire laggiù insieme a te», Alëša intervenne prontamente. 

 «E c'è qualcos'altro che volevo dirti», Mitja proseguì con una voce improvvisamente squillante. 

«Se dovessero picchiarmi nel tragitto oppure una volta giunti laggiù, io non mi sottometterei, ucciderei qualcuno e quelli mi fucilerebbero. E questo dovrebbe durare vent'anni! Qui già cominciano a darmi del tu. La sentinella mi si rivolge con il tu. Anche stanotte non ho fatto che sottopormi a giudizio e ho concluso che non sono pronto! Non ho la forza di accettare tutto questo! Io volevo intonare l'"inno", ma poi non ho la forza di sopportare che una sentinella mi dia del tu. Per amore di Gruša affronterei qualunque cosa, tutto... eccetto le percosse... Ma non le permetteranno di venire laggiù». 

 Alëša sorrise dolcemente. «Ascolta, fratello, una volta per tutte», egli disse. «Ecco che cosa penso a questo proposito. E tu sai che io non ti mento mai. Ascoltami bene: tu non sei pronto e una croce così gravosa non è per te. Inoltre: questa croce da grande martire a te, che non sei pronto, non può servire. Se tu avessi ucciso nostro padre, mi sarei rammaricato che tu avessi respinto la tua croce. Ma tu sei innocente, e questa croce è troppo per te. Tu volevi generare in te stesso un uomo nuovo per mezzo delle sofferenze. Io ti dico, cerca di ricordare sempre quest'uomo nuovo, per tutta la vita, dovunque tu vada a rifugiarti, e questo sarà sufficiente per te. Il fatto che tu abbia respinto la grande sofferenza della croce ti servirà a sentire dentro di te un dovere ancora più grande, e questo costante sentimento, che ti accompagnerà tutta la vita, contribuirà a fare di te un uomo nuovo, molto di più che andare laggiù. Perché tu non lo sopporteresti e cominceresti a mormorare e, forse, arriveresti a dire: "Adesso siamo pari". L'avvocato aveva ragione: fardelli così pesanti non sono fatti per tutti gli uomini. Per alcuni sono addirittura insostenibili. 

Ecco quello che penso a questo proposito, se volevi saperlo. Se altre persone dovessero rispondere per la tua fuga, ufficiali o soldati, allora io "non te lo permetterei"», e dicendo questo Alëša sorrise. «Ma dicono e assicurano (l'ha detto quello stesso sovrintendente della tappa a Ivan) che potrebbe anche non esserci questo gran che di punizione, se la cosa viene fatta con accortezza, e che sarebbe possibile cavarsela con poco. Certo, la corruzione è disonesta anche in questo caso, ma io non mi metterò mica a giudicare, perché se Ivan e Katja chiedessero a me di occuparmi della faccenda per aiutare te, io so che andrei di persona a corrompere le persone; è un dovere per me dirti tutta la verità. E quindi non posso giudicare il tuo operato. Ma sappi che io non ti condannerò mai. E sarebbe anche strano che io mi mettessi a giudicarti in questa faccenda, vero? Adesso, credo di avere preso in considerazione ogni punto». 

 «Ma sono io che condannerò me stesso!», esclamò Mitja. «Io fuggirò, questo era stato deciso a prescindere da te. Che altro potrebbe fare Mit'ka Karamazov se non fuggire? Tuttavia mi condannerò e pregherò per il perdono del mio peccato per tutta la vita. È così che parlano i gesuiti, vero? Proprio come stiamo facendo io e te, in questo momento, non è vero?» 

 «Proprio così», rispose Alëša sorridendo dolcemente. 

 «Io ti voglio bene per il fatto che dici sempre la verità e non nascondi mai nulla», gridò Mitja con una risata gioiosa. «E così ho colto il mio Alëška mentre faceva il gesuita! Dovrei coprirti di baci solo per questo, ecco! Ma adesso ascolta anche il resto, voglio rivelarti l'altra metà della mia anima.

LA FUGA VERSO UN ALTRO  ESILIO

Ecco che cosa ho pensato e deciso: se fuggo, foss'anche con il denaro, foss'anche con il passaporto e foss'anche in America, mi rallegra il fatto che non vado incontro alla gioia, incontro alla felicità, ma in verità fuggo verso un altro esilio, brutto, forse, quanto questo! Brutto quanto questo, Aleksej, sto dicendo la verità! Io, quell'America - che il diavolo se la pigli! - la odio sin da adesso. 

Anche se Grušen'ka dovesse venire con me, ma guardala: ha forse l'aria di un'americana lei? Ella è russa, russa fino al midollo, ella avrà nostalgia della sua terra, ed io ogni ora mi accorgerò che lei soffre di nostalgia per causa mia, che ha preso su di sé questa croce per amore mio; ma che colpa ha lei? E come potrò sopportare la gentaglia del luogo, sebbene essi, tutti fino all'ultimo, potrebbero essere migliori di me? Io odio quest'America sin da adesso! E fossero tutti, dal primo all'ultimo, dei macchinisti eccellenti - che il diavolo se li porti! - quelli non sono la mia gente, non hanno la mia stessa anima. Io amo la Russia, Alëša, io amo il Dio russo, sebbene io stesso sia un mascalzone. Io soffocherò lì!», esclamò con gli occhi che gli brillavano. La sua voce tremava di lacrime. «Quindi ho deciso questo, Alëša, ascolta!», ricominciò a parlare dominando l'emozione. 

PROGETTI

«Non appena arriveremo lì, Gruša ed io, ci metteremo a lavorare immediatamente la terra, in solitudine, in qualche angolo remoto, con gli orsi selvaggi. Ci deve essere qualche posto remoto anche lì. Ho sentito che ci sono ancora i pellerossa da qualche parte, ai confini dell'orizzonte, e noi andremo proprio in quella landa, dagli ultimi dei mohicani. E ci metteremo subito a studiare la grammatica, Gruša ed io. Lavoro e grammatica, diciamo per tre anni di fila. Ed entro quel periodo, avremo imparato a parlare l'inglese meglio degli inglesi. E non appena l'avremo imparato, addio America! Ce ne torneremo in Russia come cittadini americani. Non ti preoccupare, non torneremo in questo buco di città. Ci nasconderemo da qualche parte, lontano, a nord oppure a sud. Per quell'epoca sarò cambiato, e anche lei; in America, da un dottore qualsiasi mi farò fare un porro posticcio, non per niente sono meccanici quelli! Oppure mi caverò un occhio, mi farò crescere la barba di mezzo metro, una barba canuta (sarà la nostalgia per la Russia che mi farà incanutire), e credo che nessuno ci riconoscerà. E se ci riconosceranno e ci manderanno in Siberia, non me ne importerà niente: vuol dire che era destino. Anche qui ci metteremo a lavorare la terra in qualche landa remota, e per tutta la vita farò finta di essere un americano. Ma almeno moriremo nella nostra terra. Questo è il mio piano e nulla lo potrà modificare. Lo approvi?» 

 «Lo approvo», rispose Alëša, che non lo voleva contraddire. Mitja tacque per un minuto, poi disse: 

LA BRUTTA FIGURA AL PROCESSO

 «Ma che brutta figura mi hanno fatto fare al processo! Mi hanno fatto fare una brutta figura, vero?» «Anche se non l'avessero fatto, ti avrebbero condannato lo stesso», replicò Alëša con un sospiro. 

 «Sì, sono venuto a noia al pubblico locale! Che Dio li benedica, ma è dura!», gemette Mitja dolorosamente. Tacquero per un altro minuto. «Alëša, finiscimi in questo momento!», esclamò egli all'improvviso. «Verrà lei adesso o non verrà? Dimmelo! Che cosa ha detto? Con che tono l'ha detto?» «Ha detto che sarebbe venuta, ma non so quando. È penoso per lei!», e Alëša guardò timidamente il fratello.