domenica 6 giugno 2021

LIZA, ALEKSEJ E LA DICHIARAZIONE D'AMORE

LIZA E ALEKSEJ


DALLO STAREC


 


Ho visto come ha fatto la birichina per tutto il tempo», disse scherzando lo starec. «Perché prendevate in giro Aleksej?» Lise infatti era stata intenta a quella birichinata per tutto il tempo. Ella si era accorta da tempo, sin dalla volta precedente, che Alëša si sentiva a disagio e cercava di non guardarla, e la cosa la divertiva un mondo. Ella aspettava attentamente di catturare il suo sguardo: non riuscendo a resistere a quello sguardo fisso su di lui, Alëša di tanto in tanto, involontariamente, spinto da una forza irresistibile, la sbirciava a sua volta e lei si metteva subito a ridacchiare con un sorriso di trionfo, proprio davanti a lui. Alëša si confondeva e si irritava ancora di più. Alla fine si era completamente girato dall'altra parte e si era nascosto alle spalle dello starec. Dopo qualche minuto, attratto dalla stessa forza irresistibile di prima, si voltò per vedere se lei lo stesse ancora guardando e vide che Lise, sporgendosi quasi completamente dalla sua poltrona, lo sbirciava da un lato e aspettava avidamente che lui si girasse a guardarla; dopo aver colto il suo sguardo, si mise a ridere così forte che persino lo starec non poté fare a meno di dire: «Perché, birichina, lo mettete così in imbarazzo?» Lise, ad un tratto, e del tutto inaspettatamente, arrossì, gli occhi le scintillavano, il viso aveva assunto un'espressione molto seria; ella si mise a parlare in fretta, nervosamente, con un tono di lamento risentito e indignato: 




«E lui allora perché ha dimenticato tutto? Mi portava in braccio quand'ero piccola, giocavamo insieme. Veniva ad insegnarmi a leggere, lo sapete questo? 

Due anni fa, quando ci salutammo, disse che non avrebbe mai dimenticato, che saremmo stati amici per sempre, per sempre, per sempre! 

Ed ecco che all'improvviso ha paura di me: che, lo mangio forse? Perché non vuole avvicinarsi, perché non parla? Perché non vuole più venire da noi? Forse siete voi che non lo lasciate venire: eppure noi sappiamo che egli va dove vuole. Non sta bene che lo inviti io, avrebbe dovuto essere lui a pensarci, se è vero che non ha dimenticato. No, adesso pensa alla salvezza della sua anima! 

Perché gli avete fatto mettere quella tonaca dalle lunghe falde?... Se si mette a correre, cade...»





Mentre pregava anche quella sera, sentì casualmente
nella tasca quella bustina rosa che gli aveva dato la cameriera di Katerina
Ivanovna quando lo aveva raggiunto per strada. 


Ne rimase turbato, ma finì di pregare. 

Poi, dopo aver tentennato un poco, aprì la busta. 

Conteneva una letterina per lui firmata Lise - la giovinetta, la figlia della signora Chochlakova che aveva tanto riso di lui quella mattina in presenza dello starec. 


 "Aleksej Fëdoroviè", scriveva, 

"vi scrivo di nascosto da tutti, anche dalla mamma, e so che questo non sta bene. Ma non posso più vivere senza comunicarvi il sentimento che è nato nel mio cuore, e questo nessuno dovrà saperlo, tranne voi e me, fino al momento opportuno. 

Ma come dirvi quello che tanto vorrei dirvi? La pagina, dicono, non arrossisce, ma vi assicuro che non è così e che essa arrossisce esattamente come sto arrossendo io in questo momento. 


Caro Alëša, io vi amo, vi amo da quando ero bambina, dai tempi di Mosca, quando eravate completamente diverso da adesso, e vi amerò per tutta la vita. 

Ho scelto voi con il mio cuore per unirmi a voi e terminare insieme la nostra vita in vecchiaia. Naturalmente, a condizione che voi abbandoniate il monastero. Quanto alla nostra età, aspetteremo il tempo stabilito dalla legge. Per quel giorno sarò sicuramente guarita e in grado di camminare e danzare. Su questo non c'è dubbio. 

 Vedete come ho pensato a tutto; solo una cosa non riesco a immaginare: che cosa penserete di me quando leggerete questa lettera. 

 Non faccio che ridere e scherzare, poco fa vi ho fatto alterare, ma vi assicuro che adesso, prima di prendere la penna in mano, ho pregato dinanzi all'immagine della Madonna, e anche in questo momento sto pregando e sono quasi sul punto di piangere. 

 Il mio segreto è nelle vostre mani; domani quando verrete non so come farò a guardarvi. 

Ah, Aleksej Fëdoroviè, e se di nuovo non mi trattenessi, come una sciocca, e scoppiassi a ridere nel guardarvi, come stamattina? 

Certo mi prenderete per una burlona cattiva e non crederete alla mia lettera. 

Per questo vi prego, caro, se avete della compassione per me, non guardatemi troppo fisso negli occhi quando verrete da noi domani, altrimenti, incrociando il vostro sguardo, sicuramente scoppierò a ridere, tanto più che indosserete quell'abito lungo... 

Persino ora mi vengono i brividi quando ci penso, quindi, quando entrerete, non guardatemi affatto per un po' di tempo, guardate la mamma o la finestra... 

 Ecco che vi ho scritto una lettera d'amore, Dio mio, che cosa ho fatto! 

Alëša, non mi disprezzate, e se quello che ho fatto è troppo brutto e vi ho amareggiato, allora perdonatemi. 

Adesso il segreto della mia reputazione, forse andata in fumo per sempre, è nelle vostre mani. Oggi piangerò sicuramente. 

Al prossimo incontro, al nostro prossimo terribile incontro, 

Lise. 

 P.S. Alëša, voi dovete, dovete, dovete venire, assolutamente! Lise".


Alëša lesse la lettera sbalordito, la lesse due volte, rifletté per un po' e ad un tratto si mise a ridere di una risata silenziosa, dolce. Trasalì: quella risata gli sembrò peccaminosa. Ma un attimo dopo tornò nuovamente a ridere, sempre silenziosamente e con la stessa felicità. Infilò lentamente la lettera nella sua bustina, si fece il segno della croce e si coricò. Il turbamento della sua anima si era dissolto in un baleno. «Signore, abbi pietà di loro, proteggi le loro anime infelici e violente, e correggile. Tu hai tante vie: guidali alla salvezza. Tu che sei amore e a tutti doni gioia!», mormorò Alëša facendosi il segno della croce e addormentandosi di un sonno sereno.